venerdì 1 luglio 2005
Ciò che nel linguaggio meglio si comprende non è la parola, bensì il tono, l'intensità, la modulazione, il ritmo con cui una serie di parole viene pronunciata.
Tutti sanno quanto sia decisiva in musica la tonalità, che è una vera e propria gerarchia istituita tra i suoni (si parla di "scala") nei confronti di quella che viene chiamata la "tonica", ossia il suono principe verso il quale gli altri gravitano. Ebbene, qualcosa del genere vale anche per il linguaggio: tante volte sono più incisivi e decisivi il tono, la modalità espressiva, la forza o la delicatezza rispetto allo stesso contenuto. È ciò che ci ricorda il filosofo tedesco ottocentesco Nietzsche nella frase sopra citata. Questa sua osservazione sembra scontata, eppure non è facilmente praticata. Quante prediche, pur apprezzabili nel merito, diventano "inascoltabili" per tono ed espressività!Quante parole vengono dilapidate invano perché non sono calibrate, non sono precise e chiare e non ci si preoccupa di renderle efficaci ed energiche! O viceversa, in quante occasioni la forma roboante, graffiante e mordace rende scostante chi ti sta dicendo cose forse utili e importanti. Siamo, dunque, in presenza di due componenti necessari e preliminari rispetto al parlare: l'intelligenza e lo stile. Certo, non si può sempre essere sorvegliati e acuti, ma un maggior esercizio nel dire e nel porgere è da praticare con impegno. Si eviterebbero tante tensioni, ci sarebbe più armonia e ci si aiuterebbe reciprocamente. Lo scrittore tedesco Heinrich Böll ricordava che «nell'esercizio anche del più umile dei mestieri, lo stile e il modo sono decisivi».
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