martedì 17 maggio 2005
Cùrati del tesoro che Dio ti ha mandato. Lentamente ti scivola via tra le dita e più non lo rivedi finché non dovrai rispondere di come l"hai serbato.
È stato definito "la coscienza critica" della società scandinava: Per Olov Enquist, 71 anni, è il maggior scrittore svedese vivente. Leggendo il suo romanzo documentario Il viaggio di Lewi (Iperborea 2004), storia del fondatore del movimento pentecostale svedese, Lewi Pethrus, del suo trionfo e del suo declino, mi sono imbattuto in questa poesia spirituale. Essa, pur nella sua semplicità, merita attenzione. Tutti noi - anche chi si sente fallito, incapace, sfortunato nella vita - abbiamo ricevuto un piccolo tesoro.E qui viene alla mente la parabola dei talenti che è quasi l"ideale sorgente tematica di questo canto. Non importa se il tesoro vale tanto o meno; l"importante è non lasciarselo scorrere tra le dita, dissipandolo, oppure nasconderlo sotto terra, illudendosi che basti conservarlo intatto. Sì, perché il tesoro che Dio ci affida in realtà non è una gelida pietra preziosa ma un seme vivente destinato a fruttificare, è un"energia vitale che deve operare, è una luce pronta a irradiarsi. La frase finale è cupa, come lo è la parabola di Gesù: al termine della vita «dovrai rispondere» della tua inerzia o della tua grettezza paurosa. L"umanità è, quindi, come un mosaico: ogni tessera - anche se è solo un piccolo riquadro di colore - è necessaria perché l"opera non sia a buchi e lacerata ma un disegno completo e armonico.
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