mercoledì 17 maggio 2023
Tokio è una città meccano coi palazzi posti uno accanto all’altro secondo composizioni modulari. Lo choc visivo per un occidentale consiste nel fatto che i materiali architettonici gli sono familiari (vetro e cemento armato), quindi si ha l’impressione che le case, i piloni e i ponti siano la nostra lingua, ma parlata da uno sconosciuto. Il principio costruttivo sembra riferirsi al Buddha: fare in modo che il desiderio, la sua spina mortale, si esaurisca da solo. Tuttavia, proprio nell’isola del Sol Levante la cultura americana ha piantato la propria bandiera vittoriosa: questa è la profonda ferita inferta dalla Seconda guerra mondiale, ancor più delle esplosioni nucleari di Hiroshima e Nagasaki, che Yukio Mishima intese tragicamente rappresentare nel suo spettacolare harakiri. Ecco perché il cuore matto di Tokio pulsa nel parco dei giardini dell’Imperatore al cui centro sta, simile a un uccello imbalsamato, lo Yasukuni Shrine, il santuario shintoista dedicato alle anime di soldati che morirono combattendo al servizio della patria, dove i giapponesi battono le mani in segno d’omaggio. Qui scopri l’essenza funebre del consumismo importato dagli americani come un veleno. Nel giovane impiegato che deferente s’inchina ai suoi penati riconosco il sussulto estremo del vecchio samurai. © riproduzione riservata
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