giovedì 9 novembre 2006
Un soprannome è la pietra più grave che il diavolo possa gettare contro un uomo. Chi naviga in Internet e approda alle famose (e spesso famigerate) chat lines sa bene cosa sia il nickname: è il soprannome con cui si vela la propria identità, ma non in modo neutro perché quel termine è spesso carico di allusività, di rimandi, persino di inganni. Non sapevo fino a ieri, quando mi è capitato quel breve testo tra le mani, che uno scrittore inglese del "700 "800, William Hazlitt, avesse scritto già allora un saggio proprio sui nicknames, quei soprannomi che in tutta la storia dell"umanità sono stati imposti come premio o come maledizione a tanti personaggi noti e a molti figure modeste e fin ignote. Forse noi stessi ne siamo stati vittime e carnefici, recando su di noi (di solito a nostra insaputa) o imponendo ad altri un termine sarcastico. Il più delle volte si tratta di una variante della mormorazione o della calunnia. Per questo ha ragione Hazlitt nella frase che ho estratto dal suo scritto. Se vuoi colpire uno in modo permanente, cercagli un soprannome tagliente e diffondilo segretamente. Quando si sarà sparso e sarà sussurrato appena quella persona entra in scena, avrai raggiunto il tuo scopo diabolico. E non vale il fatto che lo si è fatto per scherzo o che l"esagerazione è evidente: più l"attacco è inverosimile, meglio lo si ricorda e riesce a smontare ogni dignità di quella persona. È, allora, necessario una volta tanto pensare a questo atto che può sembrare innocente o una semplice ragazzata. Alla fine si iscrive nel peccato contro la carità e il rispetto dell"altro.
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