Il Sessantotto, Grillo e l'antipolitica: Manlio Cancogni dà voce al buon senso
sabato 27 luglio 2013
Nel penultimo numero di «Diario», febbraio 1991, Pergiorgio Bellocchio ed io, direttori e unici autori della rivista, pubblicammo una serie di testi usciti in varie sedi di Giorgio Caproni, Ernesto Rossi, Giacomo Manzù, Mario Luzi e Norberto Bobbio. Articoli, interviste, poesie, lettere che meritavano di essere lette e rilette per farsi un'idea insieme distaccata e precisa del presente. Intitolammo la sezione «Qualche voce di vecchio». Mi torna in mente quel titolo mentre leggo una lunga intervista che lo scrittore e giornalista Manlio Cancogni, oggi novantasettenne, ha rilasciato a Simone Caltabellota (Tutto mi è piaciuto, Elliot). È una «voce di vecchio» che fa piacere ascoltare. Ai vecchi succede che sia più facile dire la verità, la verità è il loro stile. Non hanno scopi, cautele, illusioni. Sono meno offuscati da desideri e paure. Il linguaggio di Cancogni è veloce, sbrigativo, uno specchio del suo carattere. Alla domanda «Come ti sembra l'Italia oggi?» risponde così: «La verità e che io ormai sono diventato molto comprensivo con questo paese che ho odiato, e che ora assolutamente non cambierei con nessun altro (…) E poi gli italiani, poveracci, ne hanno viste tante, di che li vuoi rimproverare? È un paese il nostro che ama denigrarsi, che fortunatamente ora non è nazionalista per niente (…) Siamo stati giustificati in quest'atteggiamento di anti-politica che c'è nell'italiano medio: l'italiano è anti-politico». E il '68? «Il '68 personalmente mi ha esasperato. Perché era così chiaro che era tutto all'insegna dello spettacolo (…) volevano la libertà, oltre che il comunismo, capisci? Ma sono cose incompatibili».E Grillo? «Mi sbaglierò, ma non mi convince per niente (…) Una cosa in cui, lo devo riconoscere, purtroppo sono d'accordo con Grillo è che bisogna vivere più modestamente, ridimensionare le nostre pretese, cambiare stile di vita. Per esempio, aggiungo io, riscoprendo il leggere, l'importanza dei libri (…) Se vai in biblioteca non costa niente». Buon senso allo stato puro. Forse non vi basta. Ma provate a farne a meno e non andrete lontano.
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