sabato 24 agosto 2013
Per chi cerca e fiuta tracce, le assenze sono altrettanto significative delle presenze. Un cane che non abbaia quando i ladri penetrano in casa, un terreno che non è intriso del sangue di chi vi giace sopra assassinato sono indizi preziosissimi in ogni libro giallo che si rispetti. Ciò che non c'è lascia tracce quanto ciò che c'è. Ancora più prezioso è ciò che c'era ma è andato smarrito, ciò che non c'è più. Un manoscritto scomparso, che deve essere esistito perché è all'origine di molti altri testi, ma di cui si sono perdute le tracce, è una sfida alla mente, alla capacità di ricerca, alla ragione. L'assenza deve avere un senso, rispondere ad un intimo collegamento con la presenza. E ancora, di fronte alle assenze si spalanca lo spazio alla fantasia. Scomparsa o inesistente, l'isola di Atlantide non cessa di affascinare, da Platone alle derive ambigue dei nostri giorni. Dalla mancanza, dal vuoto fra le righe, dallo spazio bianco fra le parole, deriva la possibilità di immaginare un intero mondo. È per questo, forse, che l'amore in Occidente nasce, con i trovatori medievali, dall'assenza. Si ama da lontano, come in Jaufré Rudel che si strugge per l'amata mai vista. Il desiderio nasce dalla distanza, la passione dall'impossibilità.
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