domenica 2 novembre 2003
Il maggiore Giovanni Drogo, consunto dalla malattia e dagli anni, " fece forza contro l'immenso portale nero e si accorse che i battenti cedevano, aprendo il passo alla luce. Abbiamo scelto come simbolo per questa nostra riflessione sulla Commemorazione dei Defunti l'immagine folgorante che suggella uno dei romanzi più famosi e più alti di Dino Buzzati, quel Deserto dei Tartari (1940) che è diventato anche un film di Valerio Zurlini (1976), e che penso sia stato letto da tutti coloro che ci seguono in queste righe. Ormai diventato maggiore, il sottotenente Drogo cade malato nella fortezza ormai semi-abbandonata, e proprio allora quei Tartari, sempre attesi e considerati quasi come un'illusione, si presentano all'orizzonte. Drogo, però, muore dimenticato da tutti, ma il suo è l'ingresso oltre la soglia dell'«immenso portale nero» verso una luce meravigliosa che si schiude davanti a lui. Dicevo che questa scena può diventare un simbolo o una parabola della lettura religiosa della morte che non è vista come oscurità, fine, polvere ma come un transito da una regione a un'altra. Quest'ultima è oltre lo spazio e il tempo, non è perciò né lontana né vicina; è in un'altra dimensione, la stessa ove risiede quel Dio che ci ha creato e che non è da noi né lontano né vicino ma è, in un certo senso, oltre noi stessi eppure dentro noi, nell'infinito e nell'eterno che non ha misure di spazio e di tempo e quindi è dappertutto e sempre. Al di là dei battenti della stanza della nostra vita terrena, e tutt'attorno
ad essa, si stende questa luce senza tramonto verso la quale siamo in cammino. Pensare alla morte, allora, non è disperante, ma è una tesa attesa dell'apertura del portale.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: