sabato 13 aprile 2019
Capita spesso di puntare il dito. Purtroppo è una di quelle tentazioni alle quali è quasi impossibile resistere. Si tranciano giudizi, si condanna – quasi sempre senza appello, ovviamente, perché quelli personali sono i tribunali meno garantisti – si sparla. Si è sempre pronti a misurare gli altri sul nostro metro – ma guai se gli altri ci misurano sul loro – e spesso o quasi sempre tale atteggiamento viene giustificato con la prescrizione della legge, anche a scapito dell'umanità. Ma non è questo che Gesù ci ha insegnato, ha detto qualche giorno fa Papa Fancesco, ricordando l'episodio narrato dal Vangelo della donna adultera e la «malvagità» di scribi e farisei che volevano lapidarla «secondo la legge».
Quello che Gesù invece ci mostra in questo episodio è come si debba uscire da ogni «prospettiva di giudizio e condanna». Che poi è la stessa di tanti cristiani di oggi: da «Quando noi sparliamo degli altri, buttiamo delle pietre, siamo come questi» che, «chiusi nelle strettoie del legalismo» si sentivano «tutori della Legge e della sua fedele applicazione». Al contrario di Gesù, che invece «impersona la misericordia di Dio che perdonando redime e riconciliando rinnova». Egli «non è venuto nel mondo per giudicare e condannare, bensì per salvare e offrire alle persone una vita nuova». Del resto, chi può dirsi senza peccato, e chi dunque potrebbe gettare la prima pietra? È con questa semplice, disarmante domanda che Gesù «fa appello alla coscienza di quegli uomini: loro si sentivano “paladini della giustizia”, ma Lui li richiama alla consapevolezza della loro condizione di uomini peccatori, per la quale non possono arrogarsi il diritto di vita o di morte su un loro simile».
«“Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”. Queste parole – ha spiegato una volta Benedetto XVI commentando lo stesso brano evangelico, e citando Sant'Agostino – sono piene della forza disarmante della verità, che abbatte il muro dell'ipocrisia e apre le coscienze ad una giustizia più grande, quella dell'amore, in cui consiste il pieno compimento di ogni precetto. È la giustizia che ha salvato anche Saulo di Tarso, trasformandolo in san Paolo». In tal modo il Vangelo, ha detto ancora Bergoglio, «invita anche ciascuno di noi a prendere coscienza che siamo peccatori, e a lasciar cadere dalle nostre mani le pietre della denigrazione e della condanna, del chiacchiericcio, che a volte vorremmo scagliare contro gli altri». E quando infine congeda la donna con le «parole stupende: “Va' e d'ora in poi non peccare più”, apre davanti a lei una strada nuova, creata dalla misericordia, una strada che richiede il suo impegno di non peccare più». Si tratta di «un invito che vale per ognuno di noi», ha affermato Papa Francesco, «Gesù quando ci perdona ci apre sempre una strada nuova per andare avanti. In questo tempo di Quaresima siamo chiamati a riconoscerci peccatori e a chiedere perdono a Dio. E il perdono, a sua volta, mentre ci riconcilia e ci dona la pace, ci fa ricominciare una storia rinnovata. Ogni vera conversione è protesa a un futuro nuovo, ad una vita nuova, una vita bella, una vita libera dal peccato, una vita generosa». In questo modo Gesù «ci apre la porta a una vita nuova», e per tale motivo non dobbiamo mai avere paura, non dobbiamo mai stancarci di «chiedere perdono». Perché Dio, il Papa ce lo ripete fin dal primo giorno del suo pontificato, di sicuro non si stanca mai di perdonare i suoi figli.
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