giovedì 1 settembre 2005
Un nome qualunque non esiste, per così dire non si dà in natura: ogni nome reca una certa carica di destino.Nomen omen dicevano i latini, sulla base di un"espressione del commediografo Plauto: ogni nome è un presagio. Qualcosa del genere ci ricorda anche quel raffinato e originale scrittore italiano che fu Tommaso Landolfi (1908-1979) nella sua opera A caso con la frase che da essa ho desunto. Naturalmente la sua considerazione va oltre il grezzo nome e cognome di una persona per coglierne l"essenza intima e umana. Per la Bibbia, ad esempio, il nome di un uomo o di una donna e persino delle cose è la rappresentazione della loro realtà profonda e del loro significato. Non per nulla, dopo la lotta notturna con l"essere misterioso, Giacobbe si chiamerà Israele: è ormai il segno della sua vocazione di capostipite di un popolo (Genesi 32).Ognuno di noi, col suo nome, ossia con la sua missione e il suo compito, ha un valore sia agli occhi del Creatore sia nei riguardi della società. Non è lecito disprezzare chi è piccolo o apparentemente marginale: in un mosaico l"armonia si lacera anche quando mancano le tessere di qualche sfondo e non solo quando è caduto il quadratino che raffigurava l"occhio o un altro particolare importante di un personaggio rappresentato. S. Paolo ricordava che la testa non può dire ai piedi: «Non ho bisogno di voi!» (1 Corinzi 12, 21). La perfezione dell"essere intero è nella trama delle relazioni tra le varie parti. Per questo ognuno di noi deve essere consapevole di avere non solo un  posto nel mondo ma anche una vocazione da attuare, sia pure in un piccolo recinto ove fioriscano le nostre capacità, s"accenda la scintilla d"amore che è in noi, risplenda la nostra anima.
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