venerdì 23 dicembre 2016
C'è certamente una ragione profonda nei Vangeli per cui alla nascita di Gesù fa seguito il massacro degli innocenti. Subito dopo la speranza del riscatto, il Nuovo Nato che indica la via della liberazione dal Male, ecco che torna la Storia, la violenza del potere che rifiuta il Bene perché sa che non sarà tale per il sistema che ha edificato o su cui si è insediato. Forse è inopportuno, nei giorni prima del Natale, ricordarlo, ma così è e lo sappiamo tutti benissimo. Dopo il Natale, nel calendario dell'anno giungono rapidamente la fine dell'anno vecchio e l'inizio dell'anno nuovo, un avvicendarsi rituale che ripropone ogni volta la speranza in un mondo migliore per ciascuno e per tutti. Non sono feste da prendere alla leggera, il Natale e il Capodanno! Dovrebbero sollecitare riflessioni profonde, e non stimolare, al contrario, dimenticanze o mascherature favorite dall'euforia della festa. Ho conosciuto e conosco persone, e una volta me ne stupivo, che affrontano per esempio la notte dell'anno in solitudine, chiudendosi in una stanza ad ascoltar musiche non evasive e a riflettere sulla propria personale ragion d'essere al mondo, nel rendiconto su quel che hanno fatto dell'anno che muore e nei propositi su come affrontare quello che nasce, cosa chiedere a se stessi per non viverlo passivamente. Il Natale e il Capodanno stimolano in alcuni un'amara considerazione sulle inadempienze, sulle difficoltà dell'essere all'altezza dei compiti che si dovrebbero assumere per contrastare il Male, per difendere il Bene. E – su questo vorrei insistere – per affrontare il presente come il futuro in una visione non individualista, pensando alle tragedie della storia di oggi e a quelle della storia di sempre, al loro “urlo e furore”. Si diceva in passato che il contributo di ciascuno al cambiamento, per la vittoria del Bene sul Male della storia (probabilmente impossibile), che la nostra azione per la giustizia doveva tener conto non solo dei viventi, che essa dovesse avere anche il compito di “liberare” perfino il passato, di riscattare la pena dei milioni di vite vissute poco o vissute male, di dare un senso alla loro sofferenza e al loro amaro passaggio sulla terra. E viene da pensare in particolare proprio agli Innocenti, ai bambini il cui massacro, nel mondo, non ha mai avuto fine, e che oggi è pur sempre in atto. Dovrebbe essere questo il nostro proposito prioritario, nel mentre che un Nuovo nasce e un Vecchio muore, per un mondo infine in cui, come nella canzone del Natale, si possa assistere al miracolo dell'impossibile, quello del lupo che si pasce con l'agnello, augurando agli agnelli/bambini che possano avere una vita lunga, piena, utile, serena, e lottando perché questo possa realizzarsi.
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