domenica 10 marzo 2019
«Sappiamo, infatti, che ai brillanti successi dei generali si deve la salvezza dai pericoli immediati per pochi soldati o per una sola città o per una sola nazione, ma che in nessun modo essi rendono migliori i soldati, le città e neppure le loro nazioni. Della cultura, invece, che è essenza del benessere e causa di equilibrio, si può riscontrare l'utilità non solo per una famiglia, una città o un popolo, ma per tutto il genere umano». Plutarco, scrittore di vite dell'antichità, conosce le imprese dei grandi generali, che difendano la loro città, il loro paese. Non fa riferimento, qui, al condottiero, pur straordinario, come Alessandro Magno, o invincibile, come Giulio Cesare, al comandante che si lancia per conquistare terre d'altri. Non parla del conquistatore, ma del difensore. Non si preoccupa della gloria, ma della difesa e salvezza di un paese, un mondo. E mentre riconosce che il generale "difensore" è fondamentale per la salvezza del suo paese, mostra come questo sia un successo temporaneo quanto necessario, non un miglioramento di fondo. Solo la cultura risulta fondante per quella famiglia, quel popolo. Perché cambia e migliora. Ma attenzione: Plutarco scrive che ciò non vale solo per quel paese e quella città: vale per l'umanità intera. La cultura nutre la nostra città nella città del mondo.
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