sabato 15 ottobre 2011
Signore, tu sai che invecchio di giorno in giorno e che un giorno sarò vecchia: difendimi dall'impulso di dover dire sempre la mia in ogni occasione. Liberami da quell'immenso desiderio di voler mettere ordine negli affari degli altri. Insegnami ad essere riflessiva e soccorrevole, ma non prevaricante. Insegnami la meravigliosa saggezza dell'ammettere che io posso anche sbagliarmi. Fa' che io sia il più possibile amabile.

Era il 4 ottobre 1582 e ad Avila moriva Teresa de Cepeda y Ahumada, colei che sarebbe poi diventata la celebre santa Teresa di Gesù o d'Avila, proclamata dottore della Chiesa da Paolo VI nel 1970. Noi la ricordiamo oggi perché a causa della riforma del calendario da parte di papa Gregorio XIII - che entrava in vigore proprio in quei giorni - fu avanzato di una decina di giorni il computo delle date. Teresa aveva un carattere forte, una mente lucida, una penna non di rado tagliente. Lo testimoniano le righe da noi citate, molto realistiche e vivaci.
Il lento scorrere degli anni invecchia corpo e intelligenza e in agguato c'è sempre il rischio della petulanza prevaricatrice nei confronti degli altri o delle novità. In italiano per definire questo vizio, che in verità non colpisce solo gli anziani, c'è un termine familiare molto vivace, il «ficcanaso». L'impiccione che è in tutti noi è sempre in agguato, pronto a giudicare, a criticare, ad assegnare pagelle agli affari altrui. L'invadente è una figura vanamente contrastata dal tanto conclamato appello alla privacy: lo stesso gossip (che è purtroppo ben diverso dal tradizionale e più bonario pettegolezzo) diventa ai nostri giorni sempre più aggressivo e mantiene prosperamente in vita riviste e programmi televisivi indegni. Ecco, allora, il monito di Teresa all'amabilità, al rispetto, all'autocritica, al «non giudicare per non essere giudicati» e - perché no? - anche al saper invecchiare con grazia e affabilità.
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