Il dispotismo orientale attraversa il Novecento
venerdì 28 ottobre 2022
Anni addietro si parlò molto, tra gli studiosi di storia dell’Asia e tra gli studiosi di ascendenza marxista, di un grosso volume di un autore tedesco d’area francofortese, Karl Wittfogel (1896-1988), specializzato in storia dell’Asia e in particolare della Cina. Si intitolava Il sistema di potere asiatico dalle origini al suo incontro con il capitalismo occidentale, e in Italia lo si può recuperare via Internet nelle edizioni Pigreco (2012), un grosso volume di più di ottocento pagine. Non piacque molto, quel saggio ai filo-cinesi del tempo. E neanche ai russi, perché le sue idee sul “sistema di potere asiatico”, basato sul controllo delle risorse naturali (soprattutto delle acque) unito a quello delle risorse umane, bensì affrontato con la stessa durezza e con radicale crudeltà, non potevano piacere ai governanti sovietici e ancor meno a quelli cinesi, il cui “marxismo” era opportunistico e retorico, parolaio. Non meno di quello, perfino più ciarliero, dei marxisti italiani degli anni cinquanta e sessanta. Oggi quel saggio andrebbe riletto – ignoro se qualcuno ci ha provato – alla luce della storia sovietica recente e recentissima, diciamo pure del “dispotismo orientale” di stampo putiniano. Ma è dagli zar a Lenin e a Stalin e a Breznev a Putin, con il breve intermezzo gorbacioviano, che si può parlare di un modello di “dispotismo orientale” ben presente anche in Urss, di una tradizione ben più forte di quella del marxismo. © riproduzione riservata
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: