sabato 16 febbraio 2019
Negli ultimi sessanta anni, lo si è già detto molte volte, nessun Papa ha parlato così tanto del diavolo quanto Francesco. Forse perché, per usare le parole di Benedetto XVI, «il tentatore è subdolo: non spinge direttamente verso il male, ma verso un falso bene, facendo credere che le vere realtà sono il potere e ciò che soddisfa i bisogni primari», forse mai come oggi le "seduzioni" a cui siamo esposti sono tante e tanto potenti. Un bombardamento, quasi, e «in questo modo, Dio diventa secondario, si riduce a un mezzo, in definitiva diventa irreale, non conta più, svanisce». Ecco perché allora si può dire, sempre con le parole di Benedetto, che la "falsità" è «il marchio del diavolo».
È proprio di questo marchio che Papa Bergoglio ha parlato qualche giorno fa, nella messa a Santa Marta, ripercorrendo il martirio di Giovanni Battista attraverso i "personaggi" che ne sono protagonisti e i sentimenti che li animano: corruzione, odio, vanità. A iniziare da Erode, che «credeva che Giovanni fosse un profeta», che «lo ascoltava volentieri» e «lo proteggeva» pure, ma lo teneva in carcere. Era indeciso, perché Giovanni gli «rimproverava il suo peccato» di adulterio. Nel profeta Erode «sentiva la voce di Dio che gli diceva: "Cambia vita", ma non riusciva a farlo. Il re era corrotto, e dove c'è corruzione, è molto difficile uscire», un corrotto che «cercava di fare equilibri diplomatici» fra la propria vita, fatta «di tante ingiustizie che portava avanti», e la sua coscienza «che sapeva che quell'uomo (Giovanni) era santo». Poi Erodìade, secondo personaggio, moglie del fratello di Erode che il re aveva fatto uccidere pur di averla. Lei «odiava» Giovanni profondamente proprio per il suo modo di parlare chiaro: «E noi sappiamo che l'odio è capace di tutto – ha affermato Francesco – è una forza grande». Di più, anzi: «L'odio è il respiro di satana. Pensiamo che lui non sa amare, non può amare. Il suo "amore" è l'odio. E questa donna aveva lo spirito satanico dell'odio». Infine Salomè, figlia di Erodìade, danzatrice così brava da irretire tutti a iniziare dal re, che trascinato da questa specie di sortilegio, promise alla ragazza: «Ti darò tutto».
«Usa le stesse parole – ha sottolineato Francesco – che ha usato satana per tentare Gesù: "Se tu mi adori ti darò tutto, tutto il regno"». Perché questo è il punto: dietro a ciascuno di questi tre personaggi c'è il demonio, «seminatore di odio nella donna, seminatore di vanità nella ragazza, seminatore di corruzione nel re». Ed è per il capriccio di una ballerina vanitosa, per il livore di una donna diabolica e l'indecisione di un re che Giovanni, l'«uomo più grande nato da donna», finisce solo, in una cella scura del carcere, decapitato. «È un martire, che lasciò che la sua vita venisse meno, meno, meno, per dare il posto al Messia».
«Come tanti martiri nostri» Giovanni muore nell'anonimato. Ma non ha vinto il diavolo: la sua falsità, il suo odio, sono stati ancora una volta smascherati dalla «grande testimonianza di un grande uomo, di un grande santo». Perché «la vita ha valore solo nel donarla, nel donarla nell'amore, nella verità, nel donarla agli altri, nella vita quotidiana, nella famiglia. Sempre donarla. Se qualcuno prende la vita per sé, per custodirla, come il re nella sua corruzione o la signora con l'odio, o la fanciulla, la ragazza, con la propria vanità – un po' adolescente, incosciente – la vita muore, la vita finisce appassita, non serve». Ricordiamolo, ogni volta che qualcuno vuole farci credere che «le vere realtà sono il potere e ciò che soddisfa i bisogni primari».
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