martedì 10 ottobre 2006
È quando si esce dalla sala del consiglio comunale che vengono le idee più acute. I pensieri che vengono in un secondo tempo di solito sono i più saggi. Sto entrando nella casa di una famiglia tedesca che abita a Milano: sono stato invitato e, mentre si svolgono i saluti, gli occhi mi cadono su un piatto in ceramica appeso: su di esso è scritta la prima frase che sopra ho tradotto. Gli ospiti mi dicono che si tratta di un proverbio tedesco: esso mi fa venire in mente per connessione la seconda frase che oggi propongo, di origini più nobili, essendo un detto delle Filippiche di Cicerone (per chi sa il latino: posteriores cogitationes sapientiores solent esse). La saggezza popolare e quella colta, dunque, s'incontrano attorno a un tema comune, ahimè, spesso disatteso. A tutti, credo, sia capitato di uscire da un'assemblea, da un incontro, da un dialogo con una sorta di stilettata al cuore: ci si accorge, infatti, di essere stati troppo frettolosi o superficiali e di aver dimenticato o ignorato un dato, un argomento, una ragione che potevano essere decisivi o, per lo meno, utili e adatti. Essere sorvegliati, attenti, precisi è una dote che spesso non si coltiva e, così, si rovinano situazioni e occasioni. Il monito di Cristo ad essere, sì, semplici come colombe ma anche astuti, cauti e svelti come i serpenti è sempre valido. Altrimenti, ci resta solo la malinconia, il rimpianto, l'amarezza per una possibilità sfumata. «Del senno di poi - sorrideva Manzoni nei Promessi Sposi - ne son piene le fosse!».
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: