Il compiaciuto snobismo intellettuale di George Steiner
venerdì 5 giugno 2015
Che si può dire di un libro-intervista come La passione per l'assoluto (Garzanti), una serie di conversazioni con George Steiner? Anzitutto che è un'intervista per intellettuali, critici letterari, scrittori e giornalisti colti: e poi che è un libro leggibile senza che neppure ci si accorga di leggere, sembra di sentir parlare Steiner. Quando si tratta di autori complessi e molto intellettualistici, il genere dell'intervista certo delude il lettore-lettore, ma dà notevoli soddisfazioni a un pubblico più ampio. Sull'intelligenza letteraria, la drammaticità morale e storica dovuta all'ebraismo, la penetrazione teoretica di un critico come Steiner non ci sono dubbi. Lui stesso ne è consapevole. La sua severità tuttavia non manca di una certa vanità mondana, considerando che la sua "mondanità" è quella dell'alta cultura, cioè dello spirito in veste istituzionale. Se Steiner fosse meno strenuo nel suo snobismo intellettuale (pensa di continuo alla genialità), se avesse più forte il senso della "sublimità dell'umile", ispirerebbe più simpatia, ma non sarebbe Steiner. In fondo e seriamente si compiace di aver frequentato soltanto o prevalentemente l'eccellenza. Il suo limite è qui: sono le sue aspirazioni culturali illimitate. Padroneggia almeno tre lingue moderne (francese, inglese, tedesco) e in una certa misura, chissà quale, due lingue antiche (greco e latino). Eppure la sua ansia di eterno studente in ascesa potrebbe moderarsi: infatti deve ammettere di non conoscere il russo pur avendo scritto un bellissimo libro su Dostoevskij e Tolstoj e di non leggere l'ebraico, pur vivendo con angoscia e fierezza la propria identità ebraica (antisionista) di "ospite della vita". Per me è soprattutto incomprensibile (o meglio: è un grave difetto) che Steiner abbia grande considerazione per Heidegger e Sartre mentre stimi poco o respinga Hannah Arendt e Simone Weil. Molto interessante infine è una sua dichiarazione: se dovesse segnalare dei nomi che considera più importanti nella letteratura contemporanea, quattro su cinque sarebbero degli "emeriti sconosciuti". Bene. Crediamo di essere informati di tutto e di sapere chi eccelle, invece il meglio ci sfugge.
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