giovedì 24 novembre 2022
La memoria è uno dei tanti misteri della nostra mente. E sicuramente uno dei più indagati, dei più studiati. Perché Pico Della Mirandola aveva una memoria a tal punto straordinaria da farlo per questo passare alla storia, mentre la stragrande maggioranza delle persone neppure ricorda quello che ha mangiato ieri (fate un po’ la prova)? Non voglio fare un trattato scientifico sull’argomento, anche perché non ho nessuna competenza, ma solo dire che io – anche se non arrivo a recitare la Divina Commedia alla rovescia come, secondo la leggenda, era capace di fare Pico Della Mirandola – quanto a memoria non sto messo male. Direi anzi il contrario. Ho una memoria molto lunga, mettiamola così. Della quale ho anche molto abusato ai tempi della scuola, per esempio, non aprendo praticamente mai libro, e riuscendo sempre a cavarmela, anche se a volte solo per il rotto della cuffia. Mi bastava stare attento alle spiegazioni (ma quando mi distraevo erano dolori). Ho molti di quelli che si chiamano “ricordi in culla” (secondo molti scienziati sarebbero impossibili, ma io riuscii a verificarne due con mia madre), e ricordo tutto della mia infanzia, anche la disposizione delle stanze della casa di Napoli, che lasciammo quando avevo tre anni per trasferirci a Genova (dove arrivammo di notte, io dormivo in piedi, ruzzolai giù per scale passando le prime ore genovesi al pronto soccorso, dove mi ricucirono con quattro punti il setto nasale). Non ho mai usato un’agenda, di nessun tipo. E me ne regalavano a tonnellate. Ogni inizio d’anno mi ripromettevo di usarla, ma niente, dopo un paio di settimane era già dispersa. Non mi serviva, era un peso inutile. E non ho mai mancato un appuntamento, mai, nemmeno quelli fissati a lungo termine. Ho un po’ più difficoltà con i volti, che molto spesso mi sfuggono, e non riesco ad associare a un nome. Alcune volte per questa ragione ho fatto figuracce al napalm, ma in generale ne sono sempre uscito alla grande. Credo, a proposito di questo, che il mio capolavoro sia stato riuscire a passare tutta un’estate parlando con un mio vicino d’ombrellone, che aveva una fisionomia a me nota e che mi conosceva benissimo, senza avere la più pallida idea di chi fosse. E ancora non lo so. Così, la sera, prima che il sonnifero faccia effetto e mi regali un po’ di sollievo dalla Sla dopo le mie giornate sempre più faticose, con gli occhi chiusi apro a caso uno degli infiniti cassetti dell’immenso schedario che è il cervello, e ricordo. Ma, lo confesso, un po’ baro. Apro solo i cassetti dei ricordi belli. Per mia fortuna, sono tantissimi. (82-Avvenire.it/rubriche/Slalom) © riproduzione riservata
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