mercoledì 19 ottobre 2005
Il cardinale che non gioca a bocce o non si affaccia mai a contemplare la luna, non scrive filastrocche per i bambini della scuola materna e non alleva canarini, ma compie solo quello che in ogni caso gli verrà attribuito dopo la morte dalle biografie ufficiali, è pericoloso per la cristianità come un eresiarca.Non so se questa citazione di un"intervista rilasciata anni fa dal card. Giacomo Biffi, allora arcivescovo di Bologna, sia apocrifa o autentica. Certo è che, per quanto conosco il cardinale, sarebbe comunque da lui condivisa. A me piace in modo particolare, come tanti suoi scritti spesso provocatori, che non lasciano senza reazione il lettore. Si tratta di una considerazione che già s. Teresa d"Avila, senza tante delicatezze, esprimeva quando chiedeva al Signore di liberarla dalle «devozioni dei santi dalla faccia triste». La vera serietà non è pedanteria, grettezza, scrupolosità moralistica.L"umanità genuina respira bellezza, sensibilità, spontaneità, sentimento, passione, humor. Anzi, è la religiosità profonda ad essere segnata dalla serenità perché è memoria del progetto iniziale divino che per l"essere creato contemplava armonia tra le creature, e perché è pregustazione di quel mondo perfetto finale in cui non ci sarà più lutto e dolore ma sarà festa e «tu, o Signore, giocherai e riderai con le tue creature ed esse rideranno con te», come diceva lo stesso Lutero che pure di carattere era piuttosto ispido e serioso. Coltiviamo, allora, per una vera spiritualità il piacere di contemplare la luna, di giocare con un gatto, di seguire la fantasia dei bambini, di condividere con allegria una mensa, come spesso aveva fatto Cristo, anche a costo di essere criticato dai tediosi perfezionisti.
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