venerdì 11 luglio 2003
Al cammello basta poco cibo. Egli lo conserva dentro di sé finché non ritorna alla stalla, lo fa risalire in bocca, lo rumina fino a che non entra nelle sue ossa e nella sua carne. Il cavallo, invece, ha bisogno di una grande quantità di cibo; mangia ogni momento ed espelle subito quello che ha mangiato. Non imitiamo il cavallo, ossia non recitiamo le parole di Dio senza metterne in pratica nessuna. Imitiamo invece il cammello: recitiamo ogni parola divina, custodendola in noi finché non l'abbiamo compiuta. Oggi è la festa di san Benedetto: ho voluto proporre un passo sulla meditazione vitale della Bibbia così come ci è tratteggiata da uno dei padri del deserto egiziano (l'abbiamo desunto da una raccolta di testi copti, curata nel 1894 dal francese E. Amélineau). L'immagine è piuttosto vigorosa e realistica: al cavallo che consuma e non elabora si contrappone il cammello che sa gestire con intelligenza la sua alimentazione e quindi la sua sopravvivenza, anche in contesti ardui e aridi di vita. Non per nulla uno dei momenti della lettura spirituale della Parola di Dio è definito nella tradizione come ruminatio, è un "rimasticare" e quindi un meditare, un ripensare, un soppesare il testo letto così da renderlo efficace in tutte le sue dimensioni e potenzialità. San Benedetto è certamente il maestro di una spiritualità che intreccia fede e vita, Parola e parole, mistero e quotidianità, orare e laborare. È proprio quello che
manca al nostro tempo che ci abitua a fare velocemente ogni cosa, anche la preghiera, così da ridurre tutto a consumo che non viene assimilato e assaporato (si pensi al modo piuttosto squallido e frettoloso con cui ci si sfama nei fast food"). Ritroviamo lo stile del cammello, la sua pazienza, la sua costanza e pacatezza e la Parola di Dio tornerà ad essere vita.
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