venerdì 9 novembre 2007
Le spine del cactus fanno sanguinare / mani e labbra e però se scavi / in quel frutto di cuoio / t'accorgi che l'acqua c'è / per davvero / e che ha sapore di verde.
È un poeta americano di Baltimora ma vissuto in California John Thomas, morto nel 2002 a 72 anni. Ho citato alcuni versi di una sua poesia che ha al centro l'immagine del rooted cactus, cioè di questo vegetale spinoso e ben radicato in una terra avara e arida. Io lo sostituirei col nostro più familiare fico d'India per raccogliere, però, la stessa lezione. Chi, infatti, non si è inebriato della dolcezza dei suoi frutti, pur dovendo passare attraverso la difesa dei suoi aculei? Penso che tutti nella vita abbiamo fatto almeno una volta questa esperienza: abbiamo incontrato persone ruvide nel tratto e rudi nelle parole e forse siamo stati tentati di bollarle con un giudizio severo.
Poi, in maniera inattesa, abbiamo scoperto che sotto quella scorza spinosa, si celava " forse per timidità o autodifesa " un cuore generoso e una sensibilità insospettabile. È sempre il rischio del giudicare l'esteriorità, come ammonisce Cristo: «Non giudicate secondo le apparenze, ma giudicate con giusto giudizio» (Giovanni 7, 24). Per questo nella Bibbia si dice che «l'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore» (1 Samuele 16, 7). Impariamo, allora, a essere più cauti nei nostri apprezzamenti, tenendo conto di una sorta di legge segreta: dietro il profilo forse anche spregevole di una persona si può sempre celare una scintilla di luce o anche un dramma. Come scriveva il poeta tedesco ottocentesco Friedrich Hebbel: «Non è tutto oro quel che luccica ma neppure tutto quello che è oro luccica».
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