domenica 21 settembre 2003
E'facile essere giovane e agire bene, e tenersi lontano da ogni meschinità. Ma sorridere, quando già rallenta il battito del cuore, questo va appreso. Eccoci, dunque, ancora una volta introdotti nell'autunno, una delle stagioni più affascinanti, nonostante le applicazioni che si è soliti fare: tempo del crepuscolo, della malinconia, della vecchiaia. Vorrei partire proprio da quest'ultima metafora, quella della terza età, per una riflessione che ci è suggerita dal sempre verde (almeno a livello di popolarità, soprattutto tra i giovani) scrittore Hermann Hesse (1877-1962). La desumiamo dall'opera Le stagioni . Sono poche righe che ci offrono un contrasto più che tra due età - giovinezza e senilità - tra due stati interiori. C'è, infatti, chi è sempre avido di azioni e conquiste: fresco e operoso, pieno di stimoli e teso tra mille impegni. Costui ha, però, un difetto nascosto, di cui non è spesso consapevole. Quando s'imbatte nel primo ostacolo grave, quando il suo fisico non reagisce più in modo immediato ai suoi comandi, quando s'insinua la depressione nell'anima, egli piomba in uno stato di abbandono e di scoraggiamento radicale. Ecco, allora, l'altro profilo, quello della vera maturità, che non coincide necessariamente con lo statuto anagrafico. Il battito del cuore si fa più faticoso, l'entusiasmo non attecchisce facilmente nello spirito, le asperità del cammino sono frequenti. Eppure si sa vivere con serenità, apprendendo con pazienza il ritmo della vita. E' questa la vera sapienza che non nasce dall'età ma dalla formazione interiore, da un'autentica educazione del cuore e della mente.
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