I volti Migliori? Alla luce di un fiammifero
lunedì 12 luglio 2021

Il fiammifero si accende, pochi secondi di luce, poi è di nuovo buio. Ma è un tempo sufficiente per fissare quella visione, quel volto per sempre. Volti sorridenti, seri, affascinanti, misteriosi. Volti che qualcuno riconoscerà e altri che rimarranno sconosciuti. Seicento, sì, seicento facce di amici, amici di amici che il fotografo Nino Migliori ha incontrato negli ultimi cinque anni, quando ha pensato di cominciare questo progetto così "intimo" e nello stesso tempo "partecipato", nel suo studio a Bologna: in “Via Elio Bernardi, 6. Ritratti alla luce di un fiammifero”, come sottolinea il curioso titolo della mostra a cura di Alessandra D'Innocenzo, promossa da Doutdo e Fondazione Nino Migliori in collaborazione con Istituzione Bologna Musei, aperta fino al 31 luglio nella Sala Mostre del Museo Civico Archeologico. Seicento fotografie in bianco/nero in formato 18 x 24 cm scorrono lungo tutte le pareti come un grande incontro collettivo di persone, opportunamente distanziate e senza mascherine. Facce, come “monumenti” unici irripetibili che «contengono storie, esperienze, emozioni, paure, amori, dolori e gioie».

Nino Migliori, Nina, 2020, da “Via Elio Bernardi, 6”

Nino Migliori, Nina, 2020, da “Via Elio Bernardi, 6” - © Nino Migliori

Migliori ha fissato sulla "pellicola" questi volti alla luce di un fiammifero, tirando fuori l’anima più nascosta di chi aveva davanti. Come per la giovane e sorridente Nina che vediamo nella foto e di cui nulla sappiamo, se non che è passata da via Elio Bernardi 6, a Bologna.

Ad ogni incontro, il fotografo prepara la macchina nella camera oscura, accende il fiammifero, lo muove attorno al volto e scatta. Si diverte a giocare con le ombre e le forme del viso, con lo spirito da eterno ragazzino che lo contraddistingue. Il ritratto assume i contorni del sogno. Come ha fatto con molte sculture e bassorilievi in quel progetto più ampio a cui questo si lega, che si chiama Lumen, iniziato a Parma al Battistero dell'Antelami, nel 2006. Ispirato da un verso di Apollinaire: «Fotografia tu sei l'ombra…/ del sole/… tutta la sua bellezza». «Certamente gli uomini nel Medioevo avevano vissuto nella loro quotidianità il contrasto luce-ombra che alimenta l'approccio all'immagine catturata in fotografia – scriveva presentando quel lavoro, Nino Migliori –. Pensai così di fare un ipotetico salto nel tempo realizzando un lavoro che corrispondesse alle possibili visioni notturne delle formelle dello zooforo». Un’intuizione poi proseguita fra celebri sculture di Bologna, Modena, Lucca, Napoli, Roma, e che si allarga ogni giorno di nuovi soggetti. Di nuove “letture”. Di nuove “scritture”. Fra i “monumenti” artistici e quelli umani. Nella magica lotta fra la luce e il buio.
Nino Migliori può considerarsi certamente un architetto della visione. Uno dei decani (ha 94 anni) ma anche un instancabile innovatore della fotografia. Perché la sua è una visione (e una scrittura) sempre diversa, proprio come i pensieri e gli stati d'animo che ha voluto esprimere nelle sue molteplici sperimentazioni, addentrandosi nei territori misteriosi della fotografia "Off-camera", dalla "Pirografia" all'"Optical". Ma non si possono usare etichette per Migliori. Passa dal racconto dell'istante – pensiamo al suo celebre scatto del tuffatore di Rimini - ai lavori dal sapore neorealista dell'Italia degli anni Cinquanta ("Gente del Sud", "Gente dell'Emilia" e "Gente del Delta") ai progetti dei muri e dei manifesti strappati che sfociano nella ricerca pittorica. Il passaggio dal racconto della realtà al tentativo di esprimere la Materia dei sogni (in un libro Contrasto) fino a Lumen (edizioni Quinlan), quell'illuminazione della fiammella che lo ha "rapito" per la straordinaria moltiplicazione delle visioni che essa può dare. «Fotografare a lume di candela o alla luce di un fiammifero è meraviglioso – dice Migliori - . Perché non è mai uguale: la luce varia al minimo movimento, anche con un soffio, diventa più delicata o più forte con un niente, così il soggetto da un momento all'altro cambia completamente l'immagine di sé». Basta un fiammifero per accendere una luce e una visione. Dare un volto al buio. Una fiamma che illumina e scalda il viso di un’umanità sorprendente. Ma non solo. «Nino Migliori, in questi ritratti in bianco e nero alla luce di un fiammifero, non sembra restituirci una realtà, piuttosto che ne crei una parallela; non sembra che Migliori compia un procedimento (neo)realista. Più che di ritratti, si dovrebbe parlare di inquieti riconoscimenti - scrivono in uno dei testi che accompagnano il catalogo (IMMEDIAIIIIEditrice, Arezzo), Elisabetta Sgarbi e Eugenio Lio -. Chi viene fotografato, la persona in carne e ossa, è e non è il soggetto ritratto. Il riconoscimento c’è, certamente: “Sono io”, dirà la persona. Ma il riconoscimento avviene solo per quel tanto utile a sentire che sono proprio io quella figura ma attraversata da una corrente aliena. Un riconoscimento di sè come un altro, inquieto, mobile. […] Nino Migliori, credo, fotografandoci alla luce di un fiammifero, non sta parlando solo di noi, soggetti dei ritratti, pure utili alla sua causa. Sta parlando di qualcosa di più profondo e nascosto, che ci precede e ci oltrepassa. […]».

La mostra è parte di un più ampio progetto con finalità etico-sociale che prevede inoltre la pubblicazione del catalogo di 654 pagine in 600 copie numerate e del libro d'artista in copia unica intitolato Museum contenente tutte le fotografie esposte, firmato da Nino Migliori e composto da 12 volumi e un contenitore rilegati a mano. Il ricavato delle donazioni per le stampe, firmate, dei ritratti, per il catalogo e per l'assegnazione del libro d'artista, sarà devoluto alla Fondazione Hospice MT. Chiantore Seràgnoli di Bologna. Una fiammella che accende anche la solidarietà.

Una foto e 888 parole.

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