martedì 5 settembre 2006
Dopo tutto, è necessario avere nella vita una gioventù, poco importa l'età nella quale si decide di essere giovani. Ci sono due ritmi paralleli che non hanno la stessa scansione. Nella vita, infatti, c'è il movimento cronologico che è obbligato dal tempo: parte con l'infanzia e approda, secondo tappe necessarie, alla vecchiaia. La stessa sequenza è diversa a livello interiore: ci sono, infatti, giovani decisamente vecchi, e anziani che hanno freschezza, curiosità e vitalità da giovani. Ripetiamo: questo può accadere solo nell'interiorità perché è patetico il vecchio che vuole scimmiottare esteriormente il giovane, con mossette, abbigliamenti, spregiudicatezze solo ridicole. È, dunque, a questo livello che è pienamente condivisibile la frase di un autore minore francese, il parigino Henri Duvernois (1875-1937) che sopra ho citato. Infatti, si può vivere a livello esistenziale autentico la giovinezza anche a 60 anni, lasciando forse alle spalle una vita condotta fino a quel momento stancamente e senza squarci di luce. Le occasioni possono essere diverse: una maggiore quiete nel lavoro, una disponibilità di tempo, un amore, una scelta di impegni, un'illuminazione della fede. Ricordo che uno scrittore spagnolo cinquecentesco di origine ebraica, Mateo Alemán, costretto a vivere con le modeste mansioni di esattore e contabile e persino a finire in carcere per debiti, quando finalmente riuscì a coltivare i suoi veri interessi umanistici riparando in Messico, confessò: «La giovinezza non è una stagione della vita, è invece uno stato della mente e dell'anima». Per questo la primavera è sempre possibile, anche quando il corpo sembra essere immerso nell'autunno.
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