domenica 12 dicembre 2004
Ebbene sì, anche in paradiso ci sono i teologi. Bisogna pure che si dia loro l'occasione di verificare di persona fino a che punto si sono sbagliati. Se no, sarebbe ingiusto. Ognuno deve avere la sua possibilità, i teologi come gli altri. E ad essi sarà molto perdonato perché si saranno molto sbagliati. Questa ironica considerazione sui teologi è nel volume Le capanne del paradiso. Intervista a Dio di Gilbert Le Mouël (Gribaudi 1974). Sarà certo divertente vedere la sorpresa finale di chi ha tanto detto di e su Dio, forse senza praticarne molto l'amicizia, il dialogo diretto, la vicinanza intima e cordiale. Quante volte, infatti, si sono costruiti ritratti di Dio a immagine e somiglianza del proprio cervello, del loro gusto e intuito. Giobbe, che cerca il Signore con cuore sincero e con la libertà che comporta l'assenza di interesse e di encomio servile " notava il filosofo danese Kierkegaard " sopporta tutte le prove, ma perde la pazienza quando gli si fanno accanto i tre amici teologi per spiegargli che Dio ha comunque sempre ragione e loro ne sanno il perché. C'è un volto divino che è solo un riflesso delle nostre attese e dei nostri pensieri. Certo, la via della ragione è importante per incontrare Dio, ma non è né l'esclusiva né la prima in assoluto. È per questo che egli può essere conosciuto altrettanto bene, anzi meglio, dai puri di cuore, dai semplici che lo cercano con cuore limpido, dai giusti, dai poveri e dai bambini. Costoro avranno meno sorprese, quando saranno davanti a lui, di tanti scribi e sapienti che disprezzano «questa gente che non conosce la Legge» (Giovanni 7, 49). Le parole di un grande pensatore che fu anche grande credente, Pascal, sono illuminanti: «Due eccessi da evitare: escludere la ragione, ammettere solo la ragione».
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