venerdì 5 agosto 2011
Non sempre il silenzio è bene. Quello che scaturisce dal timore non è un buon silenzio. Anche i bambini possono esprimere i loro pensieri. Ogni tanto i loro pensieri hanno un'originalità sorprendente. Guai a tappare i pensieri. Un pensiero bloccato diventa marcio.

In vacanza mi capita per caso di incrociare sulla radio l'emittente di un movimento politico: gli ascoltatori intervengono con veemenza e con un taglio monocorde; il conduttore, anziché placare certi eccessi, li stuzzica e li radicalizza, creando un'atmosfera tesa ma anche monotona. È un po' questo, a mio avviso, «il pensiero marcio» a cui fa riferimento lo scrittore ebreo Aharon Appelfeld nel suo forte e drammatico romanzo Un'intera vita (Guanda 2009), storia di una ragazzina cristiana che va in cerca della madre ebrea convertita al cristianesimo, ma ugualmente deportata dai nazisti. È significativo che le parole da noi citate siano messe in bocca a una suora, l'unica che è vicina al tormento della giovane.
Tanti sono gli spunti di riflessione che possiamo scoprire in queste poche righe. C'è il silenzio maligno che nasce dalla paura, dall'interesse personale o dal quieto vivere e che, alla fine, avalla implicitamente ingiustizie e vergogne. C'è il tema dell'originalità creativa dei bambini: coi loro pensieri tutt'altro che insignificanti, sono capaci di intuizioni limpide, non sporcate dai luoghi comuni degli adulti. Ma c'è soprattutto il rimando al pensiero “tappato”, asfittico, incapace di uscire dal cervello e di confrontarsi con altre idee, divenendo a poco a poco incancrenito. Ebbene, come diceva il filosofo danese Kierkegaard, «le idee fisse sono simili ai crampi ai piedi; il rimedio è camminarci sopra!».
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