I diritti dei migranti visti dal Niger che rifà la legge
martedì 30 gennaio 2024
Come tutto ciò che ci riguarda, anche le benedizioni sono da noi di polvere, anzi polvere di vento. In questi giorni, a Niamey, la capitale del Niger, e nei dintorni, loro sono tornate. Il vento che porta la polvere del deserto che si raffredda la notte e il primo mattino. I pomeriggi assolati ma non eccessivamente perché siamo nella stagione dell’Harmattan, termine inglese adattato da lingue locali. Le benedizioni le porta il vento dove uno meno se le aspetta, nel Sahel imprevedibile per sua natura. Sono benedetti i bambini di Makalondi, cittadina ad un centinaio di chilometri dalla capitale. L’altro giorno sono andati a scuola e hanno trovato le scuole chiuse, perché rimaste senza insegnanti. I professori sono stati minacciati di fare la stesse fine di un loro collega, rapito e ucciso da uomini armati che hanno affermato di conoscere le case di tutti gli insegnanti. Eppure in questa città sono dislocati i militari che la notte tuttavia trovano difficoltà ad assicurare protezione alle migliaia di cittadini sfollati della zona. L’altra benedizione è accaduta venerdì, nel cimitero cristiano della capitale, attorno a una croce di ferro piantata nel terreno. Sulla tavoletta di ferro saldata alla piccola croce c’è il nome di Godwin Monday, nigeriano. Nato di lunedì, come suggerisce il nome stesso, 46 anni or sono, è tornato alla terra promessa che ha cercato in Benin, Etiopia, Kenia, Dubai (Emirati Arabi Uniti) e infine nel Niger di Niamey, dove il tumore che portava nel volto ha avuto ragione delle cure che stava seguendo. Dio avrebbe vinto. Sono poi benedetti, clandestinamente o per meglio dire “illegalmente”, proprio loro, i migranti che del Sahel hanno esplorato le infinite possibilità di viaggiare. Il regime militare al potere dopo il colpo di stato messo in atto nello scorso luglio, ha deciso di abrogare la legge sulla migrazione, fatta ad immagine e somiglianza dell’Unione Europea. Tale legge, dal 2015, era fatta per “criminalizzare” quanti collaboravano all’avventura migratoria al fine di negare i diritti dei migranti alla mobilità tra Paesi. Non raramente detta benedizione arriva in ritardo. Nel Mediterraneo centrale, i migranti morti in mare nel 2023 sono stati oltre 2.800 e nel deserto nessuno è potuto andare ad indagare, perché tutto era militarizzato, specie le piste conosciute dagli autisti. Nel frattempo, l’italica Repubblica convoca gli Stati africani di fatto “assicurando” loro che, ispirandosi a Enrico Mattei, inventore dell’Eni, il progetto di esternalizzare le detenzioni e i controlli dei migranti sarà sul modello italiano dell’Albania. L’ultima benedizione nel Sahel, però, è naturalmente per la sabbia. Essa rappresenta la migliore metafora e immagine del popolo. Lei, la sabbia, è paziente, resistente, tace, geme, persiste, si adatta ai regimi che l’attraversano e tutto ricopre, alla fine, di una coltre che il tempo sedimenta. Com’è noto il cielo e la terra passeranno ma lei, la sabbia, resterà come unico testimone del popolo benedetto dal vento della speranza. Niamey, gennaio 2024 © riproduzione riservata
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