mercoledì 2 dicembre 2020
Il regno di Dio non cresce con le addizioni aritmetiche. Non segue la diligente e realistica (realistica secondo noi!) logica dell'1+1=2. È certamente vero che nella nostra vita è questo, molto spesso, il modello dominante; ma il regno di Dio introduce un altro paradigma. Dio pratica un'altra contabilità. Il suo regno avanza grazie alle moltiplicazioni, e con risultati sorprendenti. Conosce progressi imprevedibili, procede a salti, manifesta un potere di propagazione che noi non controlliamo.
Dobbiamo arrivare a capire che i nostri conti non sono quelli di Dio. I nostri conti sono legati all'immediato e riflettono quanto i nostri occhi riescono a vedere. La visione di Dio abbraccia quello che è lontano: il suo sguardo sensibile salva i figli prodighi, trova le pecore smarrite, scova la moneta che non si sa più dove fosse andata a finire. Nel suo sguardo non traspare soltanto il mondo presente, ma emerge l'infinito e l'eterno. I nostri conti sono, il più delle volte, il frutto delle nostre paure, la proiezione del nostro insufficiente dare e avere, l'incipiente disegno delle nostre previsioni. I conti di Dio non sono così. Essi rispecchiano l'amorevole fiducia che egli riversa, a ogni momento, su ciascuno di noi. Per questo Gesù paragona, nelle sue parabole, la contabilità del Regno alla semina del granello di senape, o al lievito.
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