martedì 3 agosto 2004
Esporsi lontani dai campi dell'abitudine, lontani dai solchi del quotidiano, lontani dalle strade della confusione, lontani dal rumore delle mille voci, lontani dalla dittatura della catena di montaggio, lontani dagli imperativi del proprio io. Esporsi nella solitudine ai monti del cuore, esporsi agli abissi della gioia, al cambiamento, all'appello, al rischio, all'amore senza riserve. Sto leggendo un bel libro di un noto teologo tedesco che ama i deserti ove si ritira spesso, Gisbert Greshake: il titolo è appunto La spiritualità del deserto (Queriniana). Le parole citate sono desunte dal diario di uno dei suoi compagni di viaggio durante una traversata del Sahara. Un autore orientale dichiara che nel silenzio del deserto si può sentire «il battito del cuore di Dio». Certo è che si possono deporre tante spoglie e tante scorie che la nostra civiltà fatta di città, di cose, di macchine ci ha imposto come livrea necessaria. Ciò che vorrei sottolineare in quelle note di diario è una piccola frase: essere «lontani dai campi dell'abitudine». Sì, noi siamo lentamente, insensibilmente, progressivamente trasformati dalla consuetudine. Si comincia con un piccolo cedimento al quale si reagisce avanzando la solita scusa: "Che c'è di male?». Si è convinti di sapersi sempre fermare in tempo. E, invece, l'abitudine si irrobustisce e tutto diventa accettato e scontato. E' per questo che talora è necessario "staccare", troncare quel filo, lasciare quel terreno sempre uguale, per rinascere e risorgere, per "esporsi al cambiamento", per ritrovare il coraggio della novità e della libertà. Proviamoci anche noi in questi giorni diversi dai soliti del resto dell'anno.
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