sabato 10 settembre 2022
Leggevo pochi giorni fa, su un giornale online, la notizia riguardo a un 82enne, il signor Albino, tornato a lavorare nel suo bar che quattro anni prima aveva dato in gestione. A un certo punto dell'intervista gli veniva chiesto se pensasse, lui che aveva iniziato a lavorare a diciassette anni ed era andato anche all'estero per trovare un'occupazione, che oggi i giovani non abbiano più voglia di lavorare. Non so che cosa l'intervistatore si aspettasse di sentire, forse la solita tirata contro i giovani fannulloni che non hanno voglia di fare niente, ma la risposta del signor Albino è stata quella che ogni nonna o nonno avrebbe dato: «Non è vero che non hanno voglia di lavorare, i giovani sono preziosi». Forse mi sbaglio, ma dubito fortemente che molti giovani, o anche adulti, userebbero lo stesso aggettivo, "preziosi", parlando dei vecchi.
Perché, a volte, i nonni li si "sfruttano", finché sono utili per dare una mano con i nipotini, altre li si parcheggia in una casa di riposo. Case il cui numero s'è moltiplicato a dismisura negli ultimi anni, in parte diventando un business per i privati. Secondo i dati del Ministero della Salute nel decennio dal 2007 al 2017 queste case sono cresciute in totale del 44%, passando da 5.105 a 7.372 anche a causa del progressivo invecchiamento della popolazione. Di questo numero, la maggior parte sono residenze assistenziali private: nel 2007 erano il 72,8% del totale, per diventare nel 2017 l'82,3%. Accanto alle moltissime strutture in cui gli anziani sono assistiti con professionalità e cura, non vanno taciuti però i tanti casi di incuria e maltrattamenti, quando non autentiche sevizie, subite dagli anziani all'interno di alcune residenze.
Da Giovanni Paolo II, che di questa amara realtà aveva fatto un tema portante soprattutto negli Angelus estivi, a Benedetto XVI che aveva proseguito sulla stessa strada, per arrivare a Papa Francesco, l'attenzione che si deve avere verso gli anziani è diventato un'architrave del Magistero petrino. Perché anche gli anziani sono "preziosi". E non dovremmo dimenticarlo mai. «Nella nostra vecchiaia, care e cari coetanei, e parlo ai "vecchi" e alle "vecchiette" – ha detto Bergoglio nella penultima udienza generale di agosto – nella nostra vecchiaia l'importanza di tanti "dettagli" di cui è fatta la vita – una carezza, un sorriso, un gesto, un lavoro apprezzato, una sorpresa inaspettata, un'allegria ospitale, un legame fedele – si rende più acuta. L'essenziale della vita, che in prossimità del nostro congedo teniamo più caro, ci appare definitivamente chiaro. Ecco: questa sapienza della vecchiaia è il luogo della nostra gestazione, che illumina la vita dei bambini, dei giovani, degli adulti, e dell'intera comunità. Noi "vecchi" dovremmo essere questo per gli altri: luce per gli altri. L'intera nostra vita appare come un seme che dovrà essere sotterrato perché nasca il suo fiore e il suo frutto. Nascerà, insieme con tutto il resto del mondo. Non senza doglie, non senza dolore, ma nascerà. E la vita del corpo risorto sarà cento e mille volte più viva di come l'abbiamo assaggiata su questa terra».
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