venerdì 14 dicembre 2018
Mi scuso per il tono troppo personale di queste riflessioni. Ero a Parigi sabato scorso e ho visto da vicino i cortei dei gilé gialli sbarcati dalla grande provincia a molte delle Porte della città. Non li ho seguiti fino agli Champs Elysées dov'erano diretti, reputandomi troppo vecchio per poter scappare di corsa davanti alla polizia nel caso di tafferugli... Ebbene, le mie idee su questo movimento di risposta all'odiosa politica macroniana di togliere tasse ai ricchi e aumentarne alle persone comuni, si sono precisate nel contatto diretto, nell'ascolto delle ragioni dei manifestanti. Il movimento ha certamente aspetti che io non sono in grado di interpretare adeguatamente, ma l'impressione conta, ed è stata molto positiva. Soprattutto mi ha colpito dover constatare ancora una volta quanto i francesi siano ancora un popolo, fatto di un proletariato reattivo che sa pensare considerare e nel caso lottare, e confrontare quest'evidenza con la situazione italiana. È ancora un popolo il nostro? Lo è stato, credo, negli anni che vanno dalla Resistenza ai primi anni Ottanta, lo è stato o lo stava diventando, ma poi è ritornato, nell'indifferenziazione quantomeno culturale delle categorie economiche di un tempo (contadini, operai, artigiani, impiegati, commercianti, piccolo-borghesi, borghesi) a essere quel «volgo disperso che nome non ha», che lamentava il grande Manzoni? Un'altra cosa mi ha colpito di questo ritorno alla mia seconda "casa" (sono figlio di emigranti nella periferia parigina, i miei genitori sono sepolti in Francia, dove ho spesso vissuto), dopo un giro di librerie non generiche come a Parigi ne esistono ancora, ed è la prontezza con cui nuove generazioni intellettuali ragionano sui temi di fondo del mondo contemporaneo, anche qui al contrario degli evasivi gingillamenti di tutti o quasi tutti i loro coetanei italiani, nell'università e altrove. Oltre alle acute riflessioni di un grande pensatore e studioso come Pierre Rosanvallon (Notre histoire intellectuelle et politique 1968-2018, Seuil), mi sono sembrati di grande interesse alcuni libri di giovani studiosi che vengono definiti "collapsologues": che studiano e ragionano sul disastro che incombe globalmente sul pianeta, sulle nostre società. Su questo bisognerà tornare.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI