sabato 26 novembre 2022
Magari un posto nei manuali di letteratura se lo sarebbe meritato ugualmente, magari no. Molte sono le congetture su chi fosse la persona che, nell’estate del 1797, lasciò il villaggio inglese di Porlock per fare visita al poeta Samuel Taylor Coleridge, ospite di una fattoria nei dintorni. Nessuna delle identificazioni proposte è mai riuscita a scalzare le altre, complice la vaghezza del termine, person, adottato dal Coleridge nel breve resoconto che sta in premessa ai versi di Kubla Khan. La stesura del poemetto, rivelatosi in sogno all’autore, fu bruscamente interrotta dall’apparizione del famoso visitatore (o era una visitatrice?). Trattenuto per un’ora, Coleridge non riuscì più a riprendere il filo e così di Kubla Kahn rimane solo un frammento, per quanto splendido. Tra i candidati al ruolo dell’importuno c’è anche un altro grande poeta romantico, William Wordsworth, ma il dato che più colpisce è la parola usata da Coleridge per alludere all’intrusione: business, ossia un’occupazione pratica, impietosamente prosaica. Il che non significa necessariamente che la quotidianità mortifichi la poesia. In alternativa, si può pensare che la poesia stessa si esalti nel confronto con ciò che più di ordinario esiste. A questo serviamo, noi gente di Porlock: a far risplendere i poeti. © riproduzione riservata
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