domenica 24 giugno 2018
C'era da scommettere che il Sire sarebbe stato ancora più trippone del comandante di vascello (che era solamente del quarto anello). Ugo e io lo immaginavamo come una specie di piroscafo umano, la bocca aperta come una passerella, la pancia debordante sui braccioli dal trono. Non era forse la porta della Metagonia? Ora, con nostro stupore, quella porta aveva tutto della cruna di un ago. Comparve davanti a noi un uomo piccolo, magro e nervoso. Il suo labbro era imbronciato, il sopracciglio triste, la forchettata piuttosto svogliata. Era a tavola, come ci si poteva aspettare, e inghiottiva coscienziosamente, pure se a bocca storta, la terza colazione di quella mattina. Per una fortunata concessione del rituale, i nobili del sesto cerchio non doveva ingoiarli per intero. Il transito funzionava bene anche se si limitava a mangiarne il cuore o il cervello (per le giovani donne, la sola natica destra poteva bastare) purché fritti bene nel burro sacro. Ma anche con questo alleggerimento, il cannibalismo non gli piaceva. Vi si rassegnava. Era un dovere legato al suo titolo. Non fosse stato per quel dovere, si sarebbe accontentato di un pezzetto di Bleu con le patate e un bicchiere di vino dolce. Anche la condizione della base gli sarebbe andata bene. Ma era nato Sire, figlio di Sire, Vascello Ammiraglio, e l'amore per i suoi sudditi lo obbligava sbocconcellarne senza fame cervelli o chiappe destre per garantire il loro accesso alla vita eterna. Il senso apostolico di Ugo restava sul chi va là: la stanchezza del Sire gli sembrò una breccia dove far passare la Buona Novella. Certo, non predicò subito il capitolo sesto di San Giovanni: Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e me io in lui. Cominciò con il condannare fermamente l'antropofagia, puntellando la sua indignazione morale con argomenti fisiologici e trattenendo Ignazio che sbirciava il piatto del Sire con appetito: «No, con tutto il rispetto, consumare così il cuore o un pezzo del sedere di un vostro suddito non vi permetterà di trattenerne l'anima in voi, né le anime delle altre persone che lui stesso dovrebbe aver assimilato… Noi disponiamo di un sacramento che salva veramente le anime. Si tratta semplicemente di immergere le persone nell'acqua…nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo…». La voglia che il Sire aveva di finire quella natica di principessa era pari a quella di bambino che deve finire l'insalata. Un profondo sollievo si dipinse sul suo volto. Si volse verso un uomo di alta statura che portava un'ampia veste e una mezzaluna appesa al collo, probabilmente il gran sacerdote o il suo capo cuoco: – Sono forse gli stranieri della profezia? Sono due e hanno il cane! – È quello che ho pensato subito, dichiarò il comandante. Questo peraltro dimostra che il mio cervello è dei più freschi …Vi ricorderete di me, non è vero, Grande Sire? Con questo servizio potrei meritarmi un imbarco più diretto… Il Sire guardò il comandante senza trattenere un'espressione di disgusto per la sua volgarità. Il sacerdote ci squadrò con occhi ispirati:
– La profezia, disse con tono grave e solenne, si enuncia esattamente così: «Verranno in tre ma ce ne saranno solo due, e i due dovranno scomparire in quello che non è uno… Il primo straniero sarà molto presente, l'altro avrà l'aria assente…Verranno in soccorso del Grande Sire per finire il passaggio… E tutti potranno definitivamente partire…». Ma non è detto da nessuna parte che d'ora in poi l'imbarco si farà non friggendo nel burro ma facendo bollire nell'acqua, come ha detto lo straniero. – Bollire? si meravigliò Ugo. Non ho parlato di bollire! – Non ha detto che il buon metodo era di immergere le persone nell'acqua? rammentò finemente il sacerdote-cuoco. – Non nell'acqua bollente! Il battesimo si fa in acqua fredda… insomma, a temperatura ambiente e le persone immerse nella morte del Cristo ne escono viventi, risorte con Lui... – Ah! gemette il Grande Sire con
un'espressione di viva inquietudine. Spero che lo straniero non ci obblighi a mangiare i nostri sudditi crudi e magari ancora vivi! Non fu facile dissipare il malinteso. Ogni spiegazione di Ugo sulla natura di un sacramento era subito interpretata come un suggerimento culinario: l'olio santo era
sostituto del burro sacro per la frittura, il cero pasquale permetteva una cottura a fuoco molto lento, l'imposizione delle mani indicava una netta preferenza per lo
strangolamento per la macellazione… Dal canto nostro ricevemmo alcuni preziosi chiarimenti sulla profezia che attraverso di noi si sarebbe realizzata. I due stranieri (il «molto presente» cioè Ugo, e l' «aria assente» cioè io) erano i due traghetti che avrebbero accompagnato il Vascello Ammiraglio alla fine dei tempi. Erano abilitati a partecipare ai pasti del Sire. Potevano aiutarlo a imbarcare tutti fino a svuotare Chavitar dei suoi abitanti, perché la Terra non ne aveva più per molto ed era bene non stare qui ad ammuffire: meglio apparecchiare al più presto per l'aldilà. Dopo di che i due stranieri e il Sire sarebbero stati mangiati dal cane che era l'ultima porta e sarebbe stato il solo a restare quaggiù. Il grande interrogativo era : come essere sicuri che Ignazio ci avrebbe mangiati? E come l'ultimo avrebbe potuto prepararsi per stimolare nel cane la voglia di mangiare il suo cervello o il suo cuore? Le profezie non sono mai molto chiare e richiedono sempre un lavoro esegetico piuttosto serrato. Fu allora che ebbi un nuovo momento di assenza. Non ricordo nulla di ciò che feci durante quell'ora, lo so solamente attraverso il successivo racconto di Ugo. Lui dice che ho annunciato il Vangelo, e anche se sonnambulo, l'ho fatto così bene, ho parlato con una tale eloquenza spirituale che tutte le anime ne furono sconvolte (che peccato non aver sentito ciò che ho detto: forse avrei potuto convertire un po' anche me stesso). Quando mi svegliai, il Grande Sire stava tra le mie braccia e singhiozzava sulla mia spalla. Aveva deciso di non mangiare più i suoi sudditi, no, mai più! Chiedeva anche il battesimo, in acqua non bollente. Anche il Sacerdote e il comandante lo chiedevano, accusando i loro padri di aver tramandato loro una religione così assurda, poi compiangendoli per non aver capito che c'erano vie meno digestive per andare in Cielo. Il problema è che non si cambiano costumi secolari dall'oggi al domani, soprattutto quando tale cambiamento impone il riconoscere che non si doveva far mangiare il papà o la figlia dalla casta superiore. Bastò solamente un giorno per spargere la notizia che il Sire non voleva imbarcare più nessuno, due affinché Chavitar piombasse nel caos. Il popolo manifestò dietro grandi striscioni, rifiutando che si cambiassero il suo statuto e pretendendo che si continuasse a divorarlo come prima. Assolutamente nessuno voleva essere immerso in un'acqua tiepida per poi essere lasciato su una terra destinata alla distruzione. Seguirono alcune sommosse, e in una di queste il Grande Sire trovò la morte alla quale aspirava da molto tempo, credo.
(42, continua. Traduzione di Ugo Moschella)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI