giovedì 17 agosto 2006
Vivete come destinati a vivere sempre, mai vi viene in mente la vostra precarietà, non fate caso di quanto tempo è trascorso: continuate a perderne come da una provvista colma e copiosa, mentre forse proprio quel giorno che state riservando a una persona o a una qualsiasi attività è forse l'ultimo. Sentirai i più dire: «A partire dai 50 anni mi darò una calmata, a 60 andrò in pensione». E chi ti garantisce che la vita sarà così lunga? Chi farà andare le cose così come tu le hai programmate? Qualcuno dirà: ma sono questi dei discorsi da fare proprio in vacanza e a ferragosto, quando si tira un po' il fiato? Ebbene, io penso proprio di sì perché per riflettere sulle cose serie e ultime c'è bisogno di staccare dal groviglio degli impegni e degli eventi che assorbono mente e cuore. Così, con l'aiuto di Seneca e le parole del suo scritto sulla Brevità della vita mettiamo davanti ai nostri occhi questa verità scomoda. Egli scriveva nel 49 d.C., quando san Paolo componeva forse la sua prima lettera, quella ai Tessalonicesi, e sulla meditazione riguardo alla vita e alla morte entrambi - sia pure con diversi approdi - si incrociavano idealmente. È vero: siamo convinti di avere ancora tanto tempo a disposizione, già abbiamo calcolato la distribuzione di atti futuri, abbiamo impostato programmi e scadenze (io stesso mi vergogno pensando che ho preso impegni di conferenze già per il 2008"). Ed ecco, invece, la verità: quale certezza hai sul tuo futuro? Forse la morte è già in agguato, magari non per te ma per una persona cara e tutto verrà ribaltato e sconvolto. Per questo le scelte devono essere giuste e rette per l'oggi e la coscienza deve già da ora essere limpida, serena e attenta.
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: