domenica 27 luglio 2003
Bello era il mondo. Belli la luna e gli astri, bello il ruscello e le sue sponde, il bosco e la roccia, la capra e il maggiolino, fiori e farfalle. Bello e piacevole andar così per il mondo e sentirsi così bambino, così risvegliato, così aperto all'immediatezza delle cose, così fiducioso. Sarò sincero: non sono mai stato un lettore entusiasta di Hermann Hesse (1877-1962), lo scrittore tedesco costantemente letto soprattutto da un pubblico giovane. Tuttavia, dal suo romanzo più noto, Siddharta (1922), influenzato dal pensiero buddhista, ho voluto, qui, estrarre queste righe, destinandole a una domenica che già ha il sapore delle vacanze. Senza eccedere in visioni paniche o panteistiche, è indubbio che abbiamo bisogno - soprattutto noi occidentali - di ritrovare l'armonia con quella natura che così spesso ignoriamo o, peggio, sfregiamo. Riuscire finalmente a levare gli occhi dalle case grigie delle città, dalle carte zeppe di numeri che s'ammucchiano sulle scrivanie degli uffici, dalle macchine che fremono nelle officine, dalle automobili che inquinano e ci rendono nevrastenici: è questo l'antidoto necessario che dobbiamo scegliere nei giorni estivi. Guardare la luna e le stelle,
il torrente e il bosco, le rocce e gli animali, i fiori e i paesaggi. Ritrovare lo spirito del bambino che sa inseguire gli arabeschi disegnati nel cielo da una farfalla, aprirci all'"immediatezza delle cose". Di questo ogni tanto abbiamo bisogno per purificare l'anima prima ancora dei polmoni. In un altro romanzo, Il giuoco delle perle di vetro (1943), Hesse scriveva: «Appartenere al vento e alla pioggia, fissare un fiore o l'acqua corrente di un fiume senza nulla capire ma tutto intuendo, trasportati verso il mondo, verso il mistero e il sacramento».
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