giovedì 5 gennaio 2023

Quel che vediamo alla luce del sole è sempre meno interessante di quanto accade dietro a un vetro, scriveva Baudelaire; il fascino esercitato dalla vita che si svolge dietro alle finestre altrui, diceva anche, aiuta a costruire la “leggenda” di quelle stesse persone sconosciute e spiate di nascosto. Da un vetro lui vedeva una donna anziana, rugosa, «sempre china su qualcosa»: e nella sua immaginazione ne ricostruiva la vita, la scolpiva. Con un grado di empatia tale da farlo andare a dormire «orgoglioso di avere vissuto e sofferto tramite altri che non fossero me stesso». Nel processo di immedesimazione, il lavoro della fantasia segna un valore aggiunto. Quello scolpire l’altro in forma di leggenda descritto da Baudelaire è proprio ciò che affina l’empatia.

Le finestre divengono specchi dell’anima dell’immaginativo spiante, colui che dal proprio spiare esce trasformato. Anche il cinema ( La finestra sul cortile di Hitchcock o “Non commettere atti impuri”, sesto episodio del Decalogo di Kieslowski tra i molti film che si potrebbero citare) inscena analoga trasformazione: quella che avviene a guardare e a fantasticare di nascosto. Dal metterci nei panni altrui riemergiamo mutati, per come con la fantasia ci siamo sforzati di colmare gli enigmi celati dietro i vetri di una finestra.

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