giovedì 24 marzo 2005
Il Figlio dell"uomo, già fiaccato prima del primo schiaffo, prima del primo colpo di verga, prende i suoi discepoli sotto la sua ala, li riscalda di parole dove l"uomo e il Dio si rivelano a vicenda: quale tenerezza e quale potenza! E li introduce nel mistero dell"Unione" Mai ha parlato loro come in questa sera. Ora essi sanno che il loro amico è Dio e che Dio è Amore.Scende il crepuscolo sulla città santa. Gesù, circondato dai suoi amici, parla a lungo, mentre nei palazzi del potere si sta organizzando il suo destino terreno. Questa scena di intimità, riferita da Giovanni, è ricostruita dallo scrittore francese François Mauriac nella sua Vita di Gesù (1936). Sappiamo che quel testamento " ideale lettura per il Giovedì Santo (Giovanni 13-17) " è tutto percorso da un filo tematico, quello dell"amore, l"estremo lascito, l"unico comandamento di Cristo.Noi, però, vorremmo sottolineare due aspetti del Gesù di quelle ore, messo in luce da Mauriac. Egli è un uomo "fiaccato", ancor prima delle torture. La sua tristezza affiora qua e là nelle parole e negli atti, consapevole com"è del tradimento che alligna tra i suoi stessi discepoli e del fatto che il suo popolo tra poco gli si opporrà con veemenza. Gesù, però, in quelle ore è anche una persona "tenera" che sente quasi il desiderio di avere attorno il calore dell"amicizia («Vi ho chiamati amici»). Affiora, così, in una delle tante forme l"umanità di Cristo, quella dimensione capitale che ce lo rende vicino, anzi fratello, e che dà un senso superiore ai nostri momenti di sconforto e di desolazione, al nostro bisogno di tenerezza, di affetto, di dolcezza.
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