mercoledì 4 dicembre 2019
Ricordate quel racconto di Jorge Luis Borges, "La Biblioteca di Babele"? (si dovrebbe rileggere, in questi tempi di confusione massima tra vero, falso, verosimile). Mi è tornato in mente pensando all'ossessione umana di poter sistemare tutto, di dare risposte definitive a tutto. Certe cose non si sistemano mai. Si tengono insieme in qualche modo, ci si mette una pezza, ma continuano a sanguinare come ferite aperte. Per esempio: lì dove la vita inizia, o finisce. Su quelle soglie le risposte non possono che essere tremule e incerte, la legge non può che balbettare. Ti illudi se pensi di poter affondare le mani nel segreto: perché, poniamo, una donna diventa madre e un'altra no, perché proprio quel figlio e proprio in quel momento, e non esattamente quando e come vuoi tu; se ti convinci di poter smontare quel processo per controllarlo, parcellizzarlo e ricostruirne il senso a modo tuo, i pezzi rimessi insieme con improbabili colle "bioetiche", sicuro che le crepe non si vedranno. Non si scappa, le possibilità sono due: o quello che capita su quelle soglie un senso ce l'ha, oppure, crudelmente, è solo pura casualità. Sta a te. Si tratta, in tutti i casi, di imparare a convivere con ferite che non si rimargineranno. Di sapere, per dirlo con le parole della scrittrice Clarice Lispector, che «la vita indipende da me».
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