mercoledì 18 gennaio 2023
Quando gli hanno messo tra le mani per la prima volta una macchina fotografica era il 2010 e Mohamed Keita era appena arrivato in Italia. Aveva diciassette anni, era un rifugiato con negli occhi le immagini di un viaggio terribile dal suo paese, la Costa d’Avorio. Quel buio ha saputo sostituirlo con luminosi scatti, e non solo: anche insegnando ad altri ad ampliare lo sguardo, fotografare. La prima immagine da lui scattata è stata del punto della Stazione Termini di Roma dove i primi tempi dormiva: un sacchetto di plastica bianco e una sacca nera, contenitori delle sue poche minuscole cose. Oggi Keita è un fotografo affermato, tiene regolarmente corsi in Italia e ha fondato una scuola, Kene, a Bamako. “Kene” nella lingua mandinga è “spazio”: nel proprio sguardo, fare casa. Insegnando a osservare, trasmettere il rigore nel selezionare le immagini e il valore dell’entrare in rapporto con chi si fotografa. Tramandare così un sapere che passa dagli occhi. Con la scuola Kene, in Mali ha tolto dalla strada tanti ragazzi, e il progetto è estendere la stessa rete capillare di scuole di sguardo. Insegnare a vedere, di lì a centrarsi e meglio osservare. In una costante palestra dove allenare l’attenzione all’altro, dando spessore alla solidarietà tra occhi diversi, lontani, eppure intimamente fratelli. © riproduzione riservata
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