martedì 9 ottobre 2007
Perché un pensiero cambi il mondo, bisogna che cambi prima la vita di colui che lo esprime. Che cambi in esempio.
Così annotava nei suoi Taccuini lo scrittore francese Albert Camus (1913-1960) e le sue sono parole che meritano riflessione. Certo, ai nostri giorni bisognerebbe dire che è necessario cominciare ad avere un pensiero, tanto grande è la vacuità che alberga in molte scatole craniche e in una massa che si accontenta di slogan e di luoghi comuni.
Se fosse vero il celebre motto cartesiano (come lo è per certi versi) del Cogito ergo sum, dovremo dire di trovarci spesso di fronte a spettri più che a creature umane, a larve che vagano senza la consistenza della consapevolezza e quindi del pensiero.
Ribadito questo, bisogna però riconoscere che non basta avere idee, anche giuste, se esse rimangono solo come uno sfarfallio della mente, un giuoco di progetti e non guidano all'agire, all'amare, al creare. Soprattutto il pensiero autentico, vagliato, calibrato, insomma "pensato" seriamente, deve diventare principio di vita e di testimonianza. In questa luce mi sembra suggestivo proporre il monito evangelico contro quelli che sono ipocriti, «dicono e non fanno», come i due figli della parabola narrata in Matteo 21, 28-31. Essi ben sanno quale sia il loro dovere, per altro ricordato loro dal padre, eppure ecco i due esiti contraddittori: da un lato, il figlio che lascia tutto nel limbo del pensiero e delle apparenze e, d'altro lato, il figlio che traduce il monito non in parole ma in obbedienza al padre, in lavoro, in impegno. Il pensiero costituisce la vera grandezza dell'uomo solo quando si fa esempio.
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