giovedì 20 settembre 2018

In assoluta controtendenza con il mondo circostante, Ildegarda di Bingen, nella quinta visione dello Scivias, vede l'immagine della Sinagoga come colei che sale dal deserto esalando profumo appoggiata al suo diletto. La vede non bendata, similmente all'iconografia comune, ma con gli occhi abbassati; ella, infatti, non vede il Mistero del Verbo incarnato che pure porta in seno insieme con Mosè, patriarchi e profeti. Con sorprendente precisione per la sensibilità ebraica la mistica di Bingen vede Mosè con le tavole della legge all'altezza del seno della donna-sinagoga. Le tavole per gli ebrei, infatti, sono assimilabili al seno che nutre e sostiene il popolo nel cammino. Ildegarda coglie l'aspetto più profondo e più ebraico del significato di un testo come il Cantico dei Cantici, che viene da noi letto per lo più in occasione di matrimoni o di feste mariane, mentre rappresenta per gli ebrei un rimando forte alla torah e al tempio. Per Ildegarda la Sinagoga è la Madre dell'Incarnazione del Figlio di Dio, i cui piedi camminano dolorosamente nella storia degli uomini. I suoi piedi, infatti, sono arrossati a causa del sangue versato nelle persecuzioni, negli esili e, oggi aggiungeremmo, nei pogrom e nella shoah.

Proprio cent'anni fa, all'indomani delle profezie di Fatima e della Rivoluzione di ottobre (1917), iniziavano, nel novembre del 1918, i pogrom in Ucraina. Non furono gli unici, ma già sul finire del primo millennio perdurarono in occidente e in oriente, in terre cristiane e in terre islamiche. Gli ebrei sono un popolo violato che ha perso la patria, la lingua, la cultura, ma che è sempre miracolosamente riemerso dal fango e dalle paludi della storia. Un popolo la cui stella si pone quale crocevia fra la croce e la mezzaluna.
La stella e la mezzaluna è anche un libro, editato di recente da Guerini e Associati (pagine 248, euro 18,50), di un caro amico ebreo della nostra comunità, Vittorio Robiati Bendaud, con il quale, da qualche tempo, condividiamo appassionate letture dei testi della Scrittura in lingua originale.

Ildegarda di Bingen Rupertsberg Scivias; Fol 35r I 5; Sinagoga

Proprio al suo testo mi ha fatto pensare la Sinagoga di Ildegarda. L'excursus storico di Bendaud, condotto con originalità e passione, fa meditare non solo sul passato, ma anche sul presente e sulle sfide cui i rapporti con l'Islam attuale ci costringe. Emerge, come sollevandosi dal tempo, la voce di una terra non meno martoriata del popolo ebraico: l'Armenia; emerge un punto di vista ebraico doloroso per noi occidentali, prima, e cristiani poi, ma non meno illuminante. Anche la cronaca recente costringe a interrogarsi sui rapporti fra oriente e occidente, fra ebrei, cristiani e musulmani e le relative culture. Troppo spesso, forse, noi occidentali leggiamo la realtà solo a partire dalla storia dell'Europa. Una storia gloriosa, una visuale da non trascurare, ma non l'unica. C'è un modo di raccontare la medesima storia vista da oriente, da popoli forse dimenticati, ma non meno importanti e protagonisti di quelli oggi più emergenti.

Come già diceva Giovanni Paolo II, l'Europa ha bisogno di tornare a respirare con i suoi due polmoni, ciò la libererebbe dal rischio dell'asfissia e da una lettura parziale e distorta della realtà. Sì, gli occhi chiusi della donna ildegardiana, possono offrire anche a noi oggi un punto di vista diverso che ci abitui a capire, un punto di vista che il libro La stella e la mezzaluna di Vittorio Bendaud racconta con appassionata competenza.

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