martedì 7 marzo 2023
«Ti castiu e no ti biu» recita un modo di dire sardo: «Ti guardo, ma non ti vedo». La frase ha significato di rimprovero e di riprovazione, dove al “guardare”, come da etimologia, è attribuito una modalità di comprensione specifica, focalizzata e penetrante più di quanto non accada nell’atto del “vedere”, più di superficie. Il messaggio del “ti guardo, ma non ti vedo” è chiaro, quasi minaccioso: ovvero, se può sembrare che un comportamento o una circostanza siano stati notati solo fugacemente, invece nessun particolare è passato inosservato. Tuttavia l’espressione resta curiosa nel suo anteporre il guardare al vedere, l’azione meno evidente, quella forma di considerazione attenta che agisce dietro l’apparenza più superficiale valutata e còlta “di sfuggita”. «Ti guardo e non ti vedo», significa sono arrivato al punto, ho visto il vero di te. Sempre agisce una doppia velocità, un doppio modo nel nostro registrare le cose, sempre si danno due tipi di sguardi, come sdoppiati, simultanei eppure diversissimi. Uno onnicomprensivo e rapido, che si arresta alle apparenze delle cose esteriori; l’altro sguardo che invece delle stesse cose sa cogliere le intenzioni, tralasciando i particolari irrilevanti. Al contrario del «ti vedo ma non ti guardo» dell’indifferenza, qui l’attenzione è massima. © riproduzione riservata
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