giovedì 20 ottobre 2005
Dopo tanti anni avere ancora tante cose da dirsi, dalle più futili alle più gravi, senza andare a sceglierle, senza il desiderio di meravigliare o di essere ammirati. Che meraviglia! È accaduto spesso anche a me, come a molti miei lettori, di incontrare coppie anziane che hanno alle spalle anche mezzo secolo di matrimonio, che hanno attraversato prove di ogni genere, ma che conservano intatta la gioia di stare insieme, di condividere piccole e grandi cose, di sentirsi completi solo se l'altro è accanto a sé. Li vediamo passeggiare nei parchi cittadini sostenendosi con premura reciproca, pronti a condividere non solo le parole ma anche i silenzi. E' questa la «meraviglia» che dipinge lo scrittore francese François Mauriac (1885-1970) nel suo Diario. Una meraviglia ben diversa e grandiosa rispetto a quella delle nozze di divi, calciatori o principi, alonate di pubblicità, di ricchezza, di sguaiata allegria. Si è talora pessimisti ai nostri giorni riguardo al matrimonio e alla sua tenuta, e anche a ragione. Ma questo accade perché esso non è costruito sulle fondamenta rocciose, a cui alludeva Gesù in una celebre parabola, bensì sulla sabbia dell'immediatezza dei sentimenti, dei contatti dei corpi, della superficialità delle relazioni. Eppure sono tante le coppie serie e generose che testimoniano le parole di Mauriac con la loro vita. Anzi, in quella pagina lo scrittore continuava con un'altra osservazione che è consolante (basta solo aver occhi attenti per trovarne conferma): «L'amore coniugale che persiste attraverso mille vicissitudini, mi sembra il più bello dei miracoli, benché sia anche il più comune».
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