giovedì 8 febbraio 2024

I Domenica del Tempo ordinario – Anno B Venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!» [...]

Un lebbroso cammina diritto verso di lui. Gesù non si scansa, non mostra paura. Si ferma in faccia al dolore, al rifiuto del villaggio, così vicino da toccarlo. Il lebbroso “porterà vesti strappate, sarà velato fino al labbro superiore, starà solo e fuori” (Lev 13,46). Dalla bocca velata, dal volto nascosto del rifiutato, esce un’espressione bellissima: «Se vuoi, puoi guarirmi». Con tutta la discrezione di cui è capace: «Se vuoi». E intuisco Gesù toccato da questa domanda grande e sommessa, che gli stringe il cuore e lo obbliga a rivelarsi: «Se vuoi». A nome di tutti i figli dolenti della terra il lebbroso lo interroga: che cosa vuole veramente Dio da questa carne piagata, che se ne fa di queste lacrime? Vuole dolore o figli guariti? Davanti al contagioso, all’impuro, un cadavere che cammina, che non si deve toccare, uno scarto buttato fuori, Gesù prova “compassione”. Il vangelo usa un termine di una carica infinita, che indica un crampo nel ventre, un morso nelle viscere, una ribellione fisica: no, non voglio; basta dolore! Gesù prova compassione, allunga la mano e tocca. Nel Vangelo ogni volta che Gesù si commuove, tocca. Tocca l’intoccabile, toccando ama, amando lo guarisce. Dio non guarisce con un decreto, ma con una carezza. La risposta di Gesù al “se vuoi” del lebbroso, è diretta e semplice, una parola ultima e immensa sul cuore di Dio: «Lo voglio: guarisci!». Me lo ripeto, con emozione, fiducia, forza: eternamente Dio altro non vuole che figli guariti. È la bella notizia, un Dio che fa grazia, che risana la vita, senza condizioni. Che adesso lotta con me contro ogni mio male, rinnovando goccia a goccia la vita, stella a stella la notte. E lo mandò via, con tono severo, ordinandogli di non dire niente. Perché Gesù non compie miracoli per qualche altro fine, per fare adepti o avere successo, neppure per convertire qualcuno. Lui guarisce il lebbroso perché torni integro, perché sia restituito alla sua piena umanità e alla gioia degli abbracci. È la stessa cosa che accade per ogni gesto d’amore: amare “per” non è amore vero, pregare “per” non è preghiera pura. Quanti uomini e donne, pieni di vangelo, hanno fatto come Gesù e sono andati dai lebbrosi del nostro tempo: rifugiati, senza fissa dimora, migranti, donne della tratta. Li hanno toccati, con tenerezza, e molti di questi, e sono migliaia, sono letteralmente guariti dal loro male, e sono diventati a loro volta guaritori. Prendere il vangelo sul serio ha dentro una potenza che cambia il mondo. E tutti quelli che l’hanno preso sul serio e hanno toccato i lebbrosi, tutti testimoniano che questo porta con sé una grande felicità. Perché sei dalla parte giusta della vita.

(Letture: Levitico 13,1-2.45-46; Sal 31; 1 Corinzi 10,3111,1; Marco 1,40-45)

Con questo ultimo articolo è giunto il tempo di salutarvi, care lettrici e cari lettori, e ringraziarvi dell’affetto e dell’attenzione che in questi anni di strada fatta insieme in tanti mi avete regalato. Se qualcuno desidera continuare a leggere insieme la Parola, a tentare di farla ‘cantare’, potrà trovare il mio commento ogni settimana sulla pagina Facebook: Ermes Maria Ronchi. E sul blog della mia comunità: smariadelcengio.it. Arrivederci allora su nuove strade.

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