Quelle dirette video che svelano chi siamo davvero
venerdì 17 aprile 2020

Per alcuni è stata una necessità, per altri una scelta, per altri ancora un caso. Ma tutti noi, in questi giorni di quarantena, abbiamo svelato come non mai, in meeting video, videochiamate, video lezioni o video interviste sui social, quel «privato» che fino ad ora avevamo tenuto nascosto a molti, anche dei nostri colleghi.
Così, abbiamo visto professori che spiegavano con tono serio, mentre alle loro spalle i figli saltavano sui divani, facendo ridere tutti gli alunni che seguivano in video la scena. Siamo entrati nelle case dei vip e dei cantanti, abbiamo studiato le loro librerie, le loro collezioni di cd e di dvd e fatto commenti sui mobili, gli oggetti e i colori delle pareti. Abbiamo scoperto che certi grandi chef hanno in casa cucine normali, come le nostre. Ci siamo accorti che anche i seri giornalisti della Bbc hanno figli capaci di spuntare dietro di loro durante una diretta video, scompigliando tutto.In questa quarantena, per mille ragioni diverse, per scelta o per dovere, tutti noi ci siamo messi digitalmente a nudo come non mai.
È stata (ed è) indubbiamente una ventata di umanità. Ma non tutto è così spontaneo come può apparire. Per due ragioni. La prima: chi deve comunicare per lavoro spesso ha finto di apparire normale, scegliendo con cura e in anticipo, quale immagine rivelare di sé nel digitale. Non a caso su Amazon è boom di vendita di sfondi neutri o di quelli verdi dove proiettare immagini digitali scelte, mentre le più importanti app di meeting video offrono piani a pagamento nei quali l’utente può scegliere quale sfondo far apparire dietro di sé così da non svelare il proprio mondo.Il secondo motivo ci riguarda tutti. Sia che abbiamo scelto scientemente l’inquadratura sia che non l’abbiamo calcolata, chi ha visto i nostri collegamenti e non conosceva la nostra intimità, si è fatto una nuova idea di noi. E in alcuni casi ci ha sicuramente invidiati. Perché passare la quarantena in una bella casa, magari con un giardino o un terrazzo a disposizione o con un salotto ampio e finemente arredato, non è la stessa cosa che farla, magari in nutrita compagnia, in un bilocale.
Aprendo le nostre case a tutti, in video come nei selfie e nelle foto socializzate, abbiamo raccontato di noi ben oltre le parole e gli sguardi in una sorta di sfida intitolata: dimmi che sfondo hai alle spalle e ti dirò chi sei.Fateci caso: nelle videochiamate soprattutto di lavoro o simili (perché parenti e amici sanno già tutto o quasi di noi) c’è chi sceglie inquadrature che comprendono librerie zeppe di volumi e chi sceglie finestre luminose; chi scorci di giardino e chi manifesti e oggetti da salotto molto moderni; chi divani morbidi coperti di drappi orientali e chi mensole con i giocattoli dei bambini.
Ogni scelta rivela ciò che siamo e soprattutto ciò che (anche inconsciamente) vogliamo trasmettere di noi.
Nel 2012, Microsoft aveva studiato le persone, classificandole in base all’immagine che avevano scelto come sfondo dello schermo dei loro computer. Ne erano emersi sei tipi di persone: «il generico» (desktop quasi vuoto, con sfondo spesso solo blu), «l’equilibrato» (la foto scelta è di un luogo visitato o sognato), «l’uomo–trofeo» (l’immagine raffigura dei momenti di successo della sua vita), «il sognatore» (l’immagine di sfondo è di un luogo da sogno immerso nella natura), «l’artista» (usa spesso l’immagine di un grande fiore con un centro che ricorda la pupilla di un occhio o la lente di una macchina fotografica), «il socievole» (ha una foto scattata in compagnia dei propri amici o dei figli). Quando alcune aziende cominciarono ad assumere e premiare i lavoratori in base a quale immagine avevano scelto come sfondo dei loro pc, tanti si sono accorti che anche certi particolari digitali apparentemente senza importanza rivelano ciò che siamo. Anche quando non vorremmo. Anche quando raccontano di noi soltanto una piccola parte.

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