martedì 31 gennaio 2012
Per chi dona al povero non c'è indigenza (Pr 28,27).

Quando mai, Maestro, ti ho visto affamato? Quando ti ho visto assetato, nudo, malandato? Avrei voluto incontrarti, ho pregato ogni giorno nella speranza di vedere il tuo volto, così da poter finalmente afferrare la gioia che spiega la vita, che dirige i passi e plasma di senso ogni avventura. Avrei voluto parlarti guardandoti negli occhi e sussurrare al tuo orecchio, con confidenza d'amico, «Io ci sono e so che tu ci sei per me». Quando, Signore, ti ho visto? Dimmi, cosa mi sono perso: eri forse carcerato, forestiero, malato? Di sicuro il desiderio di te non mi avrebbe impedito di conoscerti riconoscendoti. Ma quando, dimmi, è accaduto che eri al mio fianco e non ho fatto quanto era necessario fare perché i miei occhi si aprissero al vero? Se la tua luce avesse trapassato i miei occhi, le tenebre di dentro, dileguandosi, sarebbero sparite. Non dirmi, Signore, che eri lì, al mio fianco, mentre io, per la mia testardaggine, ti ho perso, non ho ascoltato la tua voce. Non dirmi che, affogato nei miei problemi, non sono stato capace di decifrare il suono delle tue labbra tra mille inutili frastuoni. Se colpa è in me, ti chiedo perdono, forestiero resto della vita se non mi illumini con il tuo sguardo. Mostrami il tuo volto ed io sarò salvo.
Ogni volta, figlio, che hai fatto del bene a chi ne aveva diritto l'hai fatto a me.
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