giovedì 16 dicembre 2021
Anche per quest'anno, per me non ci sarà pranzo di Natale, né cena della vigilia, né niente. Tutto quel che entrerà nel mio stomaco lo farà attraverso il tubo della Peg, saltando tutti i passaggi intermedi, bocca, papille gustative, esofago... Se proprio vorrò strafare, mi potrò caricare la sacca dell'alimentazione con un litro e mezzo di Glucerna, la sbobba che mi tocca da quando la Sla mi ha tolto anche il gusto di mangiare. Mi manca, il Natale. Mi mancano tutti i piccoli riti che hanno sempre contrassegnato il Natale, le lettere a Gesù Bambino, il presepe, l'albero, l'inevitabile e stressante impacchettamento dei regali, che facevamo di notte, cercando di fare meno rumore possibile (avete mai notato il rumore infernale che riesce a fare la carta con cui si avvolgono i regali?) per non svegliare le figlie, e gustare la loro meravigliata sorpresa quando li aprivano.
Ripenso spesso a quando ero bambino, a mio padre che allestiva il presepe, a mia madre che faceva i suoi inarrivabili ravioli di magro, ricotta e bieta con un po' di zafferano. Io avevo l'incarico di contarli, a mano a mano che li preparava, e baravo sempre perché me li mangiavo crudi per quanto erano buoni. Ricordo una volta, a ventuno anni, mia madre era in ospedale per uno dei suoi tanti ricoveri ("eh, mi sa che questa volta ne uscirò con i piedi in avanti", diceva ogni volta, e io le rispondevo "tranquilla, mamma, vedrai che alla fine ti dovremo abbattere". Per la cronaca, mia madre è morta nel suo letto, nel sonno, a 96 anni), io e mia sorella Fernanda – la maggiore, Francesca, era già sposata – decidemmo che la tradizione andava rispettata e ci cimentammo nella preparazione dei ravioli. Fu un disastro. Totale.
Poi mi sono sposato, e abitudini e piccoli riti sono cambiati, mentre a uno a uno i genitori di mia moglie e i miei se ne andavano. Il primo anno di matrimonio costruiamo insieme, mia moglie e io, una capanna usando listelli di legno ricavati da una cassetta, scuriti col coppale, paglia vera in fascine legate con filo da cucito, rametti per fare una staccionata e una scala, con tanto di legature quadre con lo stesso filo di cui sopra, il fuocherello, l'abbeveratoio, le lucine. Ecco, quella capannina è sempre la stessa dal 1986, anche se negli anni abbiamo poi aggiunto qualcosa comprato a San Gregorio Armeno, a Napoli: due cassette di frutta, una treccia d'aglio, dei pomodori, una fontanella... Così, da allora, questo è stato Natale in casa nostra. Sempre insieme. E i pranzi e le cene, alla fine, non contano niente. Buon Natale a tutti.
(64-Avvenire.it/rubriche/Slalom)
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