venerdì 30 settembre 2005
Siedi nella tua cella come in paradiso; scaccia dalla memoria il mondo e gettalo dietro le spalle, vigila sui tuoi pensieri come il buon pescatore vigila sui pesci" Siedi come un pulcino contento che sia la madre a donargli il nutrimento e a fargliene gustare il sapore. Nel 420 moriva a Betlemme, dopo anni trascorsi accanto alla grotta della Natività di Cristo, s. Girolamo, il celebre traduttore della Bibbia in latino. Egli aveva sperimentato la vita colta e aristocratica di Roma, ma alla fine aveva optato - con alcune discepole romane - per la solitudine aspra ma esaltante del deserto di Giuda. Abbiamo, allora, voluto ricordare questa sua esperienza che durò ben 35 anni attraverso la voce di un altro monaco, vissuto sei secoli dopo (morirà nel 1027), s. Romualdo, ravennate, fondatore di Camaldoli e di Fonte Avellana. Abbiamo attinto alla Vita dei cinque fratelli, l'opera che un amico, Bruno di Querfurt, compose lasciandoci una viva testimonianza della spiritualità di Romualdo. Due sono le immagini adottate. C'è innanzitutto la scenetta del pescatore, immobile, solitario, con la sua canna e lo sguardo fisso: quante volte ci siamo stupiti di queste figure che sono pronte a passare ore, per catturare anche un solo pesce. La parabola è evidente: ci vuole silenzio, quiete, fissità per conoscere se stessi, per dominarsi, per lasciar cadere le scorie della superficialità, delle distrazioni, dell'esteriorità. L'altra immagine è più dolce: sempre commuove il vincolo che unisce pulcino e chioccia (Cristo stesso l'ha usata in un suo appello commosso a Gerusalemme). Il simbolo è chiaro: la fiducia della creatura nei confronti di chi la sostiene e protegge. È in questa intimità che si trova l'anima suprema della fede.
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