giovedì 28 febbraio 2019
Ogni volta che si avvicina l'appuntamento con la visita periodica di controllo, più o meno ogni tre mesi, il mio nervosismo aumenta. Cerco di tenerlo a bada, ma non è per niente facile neppure per uno che, come me, ha sempre avuto fama di essere impermeabile allo stress. Perché non c'è niente da fare, quando si convive con la Sla la paura di essere arrivati vicini al capolinea è sempre presente, come appoggiata sulle tue spalle. E allora, mano a mano che il giorno si avvicina, cominci da solo a cercare di capire a che punto sei, quanto la malattia ti ha ancora mangiato, e sei contento di poter dire: be' tutto sommato... Lo scorso ottobre, dopo un'estate tranquilla, mi ero presentato al Centro Nemo per il controllo stranamente poco nervoso, almeno rispetto ai miei standard degli ultimi anni: certo, a confronto con la fine di giugno avvertivo un calo, ma non particolarmente pesante. Lo dissi al professor Sabatelli che, come sempre, prima di visitarmi aveva voluto sentire la mia opinione su me stesso. E l'esito del controllo, dopo che mi ebbe come al solito esaminato dalla testa ai piedi, fu per me quasi stupefacente: sì, un "calo" c'era stato, una cosa normale, tuttavia i parametri principali erano sostanzialmente gli stessi di giugno. Non solo: sbilanciandosi per la prima volta in un anno e mezzo, mi disse qualcosa di molto importante. E, salutandomi, aggiunse: «Mi raccomando, tenga duro!». Un mese fa nuovo controllo, preceduto come sempre da lunghi giorni di nervosismo crescente. A parte un evidente calo della capacità di parlare, il mio bilancio personale era ancora una volta abbastanza buono. Ma come mi troverà Sabatelli? Il 22 gennaio solito rito, questa volta c'è anche la dottoressa Conte: prima parlo io, poi il professore mi visita, dicendo a voce alta quello che rileva mentre la Conte confronta con i dati precedenti. Entrambi sorridono, e sorrido anch'io prima ancora che parlino: i parametri sono ancora più o meno al medesimo livello. «Squadra che vince non si cambia», e decidono di non cambiare nulla nella terapia, solo aggiungere qualcosa per aiutare la voce. Non so bene cosa mi sta succedendo. La cosa per me molto importante che Sabatelli mi aveva detto a ottobre, prima di "Mi raccomando, tenga duro!", era stata: «Sono convinto che entro due-tre anni qualcosa verrà fuori». Io neanche riesco a immaginare come potrei essere tra due o tre anni, se mai ci arriverò. Comunque tengo duro.
(11-Avvenire.it/rubriche/slalom)
© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: