sabato 19 luglio 2003
Noi siamo in terra/ ma ci potremo un giorno librare/ esilmente sul seno divino/ come rose dai muri nelle strade odorose/ sul bimbo che le chiede senza voce. Amo molto la poesia, come sanno i miei lettori più affezionati. E talvolta ritorno sui poeti che mi sono cari, come nel caso di Mario Luzi, che considero anche una persona amica da vari anni. Non è facile ritagliare versi dal corpo vivo d'una poesia, soprattutto quando è densa com'è quella del famoso poeta fiorentino che l'anno prossimo giungerà alla soglia dei 90 anni. "Alla
vita" è intitolato il testo dal quale ho estratto poche battute, citandole dalla raccolta di Tutte le poesie (Garzanti) dell'autore. Sono parole che mi accompagnano mentre guardo sul mio terrazzo milanese proprio l'ondeggiare lieve dei rami di rose oltre il muro. È una sorta di offerta a chi le guarda, è un chinarsi per essere odorate, contemplate, colte. Agli occhi di Luzi
questa immagine si trasfigura in un segno spirituale. Noi siamo radicati sulla terra, ma il nostro anelito ci fa librare verso l'alto; vogliamo offrirci all'eterno e all'infinito, come quelle rose si slanciano oltre il loro tronco e il terreno in cui sono piantate. C'è spesso in noi, quando sostiamo a riflettere o a pregare, una tensione verso l'Oltre, un'attesa che non è quella del domani, una meta che va oltre i risultati ottenuti e programmati. Se dovessimo perdere questo ondeggiare, questo protenderci verso un orizzonte superiore, ci ridurremmo ad essere animali che si muovono nel loro spazio per quel breve tempo concesso e là si dissolvono. L'uomo, invece, è animato da un'attesa insaziabile, da un'infinita inquietudine"
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