venerdì 14 aprile 2006
Come una candela ne accende un'altra e così si trovano accese migliaia di candele, così un cuore ne accende un altro e così si accendono migliaia di cuori. Anche per chi non crede, il Venerdì santo è un simbolo di morte per amore, è un emblema di donazione e speranza, nonostante l'apparente prevalere dell'odio e della violenza. Per questo, Natalia Ginzburg invitava a non togliere il Crocifisso dai luoghi pubblici perché non è solo un segno cristiano ma un messaggio universale destinato alle vittime e ai carnefici. Abbiamo voluto affidarci oggi a una famosa frase del celebre scrittore russo Tolstoj, proprio per esaltare la forza irradiante dell'amore. Basta avere solo una piccola fiammella per creare un prato di luce con mille candele accese. È sufficiente una scintilla a incendiare una massa enorme di legna. Se riusciamo a seminare un po' d'amore attorno a noi, non è vero che la cosa è indifferente. È come far germogliare un albero che poi crescerà, come aveva detto Gesù con la parabola del granello di senapa. Spesso, a raggelare il mondo nella morsa dell'odio, è proprio la rassegnata e passiva convinzione che una piccola cosa fatta da uno solo non serve a nulla. Si dice: rinunciare a qualcosa da donare a chi ha fame è inutile perché i problemi della miseria sono strutturali, clamorosi e insuperabili. E così si demanda ad altri l'impegno, in una catena di omissioni e di indifferenza, lasciando che invece affaristi, speculatori, fabbricanti d'armi imperversino senza ostacoli. Accendere migliaia di cuori è possibile non con generici appelli universali ma iniziando dal vicino a cui si perdona, dal povero a cui si dona, dall'infelice che si consola. L'amore - purtroppo come l'odio - è diffusivo: perché non lo accendiamo così che si effonda e diffonda?
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